Beppe Grillo e le “verità” su Mossad, Israele e Iran

25/06/2012 di Mazzetta

«Grillo è un buon attore che sa che cosa vuole il suo pubblico. Ma non sa dire che cosa vuole». Al giornalista isrealiano è bastata un chiacchierata per scoprire il bluff.

CHI E’ GRILLO? – Lui non è il leader del movimento che ha creato, lui c’entra poco, anzi, a dirla tutta neppure lui capisce del tutto il movimento che ha creato, ma intanto tira avanti e naviga a vista, al comando di una nave che non conosce e che non sa neppure in che direzione stia andando. Quello che poi colpisce nell’intervista è la faciloneria con la quale Grillo pontifica di politica estera, mettendo in mostra limiti evidenti, subito colti dall’intervistatore

I DIRITTI UMANI – Grillo ha un approccio al mondo tutto suo e al giornalista che gli chiede dell’Iran ha offerto risposte davvero imbarazzanti, come quella sulla pena di morte. L’Iran di Ahmadinejad? «Un giorno ho visto impiccare una persona, su una piazza di Isfahan. Ero lì. Mi son chiesto: cos’è questa barbarie? Ma poi ho pensato agli Usa. Anche loro hanno la pena di morte: hanno messo uno a dieta, prima d’ucciderlo, perché la testa non si staccasse. E allora: che cos’è più barbaro?». Una risposta agghiacciante, perché la questione non è ovviamente nella gara a chi sia più o meno barbaro, ma semmai nel rispetto dei diritti umani e il fatto che negli Stati Uniti li rispettino poco o che anche Israele ricorra agli ancora più barbari “omicidi mirati”, non dovrebbe spostare di una virgola la condanna a un regime che usa la pena capitale praticando pubbliche esecuzioni che riportano al medioevo.

DONNE ED ECONOMIA – Non va meglio con il resto, come per i diritti delle donne: «Mia moglie è iraniana. Ho scoperto che la donna, in Iran, è al centro della famiglia. Le nostre paure nascono da cose che non conosciamo». Nemmeno un po’ preoccupato da quel regime? «Quelli che scappano, sono oppositori. Ma chi è rimasto non ha le stesse preoccupazioni che abbiamo noi all’estero. L’economia lì va bene, le persone lavorano. È come il Sudamerica: prima si stava molto peggio. Ho un cugino che costruisce autostrade in Iran. E mi dice che non sono per nulla preoccupati».

IN FAMIGLIA, MA NON IN SOCIETA’ – Anche qui il fatto che in Iran la donna sia “al centro della famiglia” e che le donne persiane siano molto più emancipate e meno represse di molte donne che vivono in altri paesi musulmani, nulla toglie a una realtà che è fatta di un’evidente discriminazione ai danni delle donne. Ancora più preoccupante è come s’esprime sulla situazione economica e sulla repressione del regime in particolare, che dalla lettura di Grillo sembra far bene e raccogliere le critiche solo di alcuni disfattisti che sono scappati all’estero. Scappati senza motivo, sembra, tanto che in Iran non c’è crisi economica, anzi “l’economia va bene” e sulla repressione non spende una parola.

 

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ME L’HA DETTO MIO CUGINO – Le fonti e i dati sui quali si basa Grillo per affermazioni tanto stentoree? Suo cugino. Davvero, Grillo dice che in Iran va bene perché glielo ha detto suo cugino. Altra fonte d’informazione di Grillo sull’Iran è il suocero iraniano, saranno questi i famosi “esperti” sui quali il M5S fonda le sue analisi? C’è da sperare di no, anche perché difficilmente le sue parentele potranno coprire il globo, ma intanto in Israele se la ridono e l’intervistatore non manca di perfidia aggiungendo: “«Se un giorno Grillo farà parte del governo italiano  il suocero avrà un ruolo fondamentale nella politica estera», che in realtà non sono parole di Grillo, o almeno non sono riportate tra i virgolettati.

LA LOBBY – Ma in Israele faranno sicuramente più rumore le parole di Grillo sulla lobby ebraica “che controlla il sapere”: “Tutto quel che in Europa sappiamo su Israele e Palestina, è filtrato da un’agenzia internazionale che si chiama Memri. E dietro Memri c’è un ex agente del Mossad. Ho le prove: Ken Livingstone, l’ex sindaco di Londra, ha usato testi arabi con traduzioni indipendenti. Scoprendo una realtà mistificata, completamente diversa”. Che MEMRI sia uno strumento della propaganda israeliana non ci piove, ma che in Europa e in Occidente non arrivino notizie di quel che succede in medioriente perché tutto arriva filtrato dal MEMRI è una sciocchezza colossale, una balla che, se Grillo perdesse qualche tempo ad istruirsi prima di bersi qualsiasi baggianata, avrebbe potuto evitare con facilità. Il problema dell’informazione sul medioriente non è MEMRI, ma semmai un sistema d’alleanze che ci lega ad Israele in maniera tale che ben pochi tra politici e giornalisti hanno voglia di criticarla e di discutere la montagna di notizie che comunque arrivano in Europa e in Occidente a prescindere da quello che combina MEMRI, che per conto suo in realtà non è che una briciola dell’apparato che Israele schiera sul fronte della guerra delle parole che prende il nome di Hasbara.

COPPIE GAY? FORSE  – Grillo che denuncia la lobby ebraica si dimostra poi subito succube di quella cattolica, alla faccia della sua pretesa di essere impegnato in  «una rivoluzione culturale, non politica». Rispondendo al giornalista che gli chiede se è favorevole ai matrimoni gay con un pavido  “forse”. Inutile rimarcare che si tratta di questioni di principio, non di cose che salomonicamente si possano tagliare e dividere a metà facendo un po’ per uno e che la risposta sia la più ipocrita che sia possibile fornire a una domanda del genere.

CASALEGGIO  – “Io parlo e lui scrive”, dice poi del suo rapporto con Gianroberto Casaleggio, ma a questo punto sarebbe carino sapere a chi è affidato il compito d’informarsi, di pensare e di prendere posizione, perché Grillo ammette di non essere in grado di vestire i panni del leader politico (“non ne ho la statura “) eppure agisce e si comporta come tale, declamando parole d’ordine, promuovendo o cacciando gli attivisti del M5S a suo piacimento. Una strategia, quella del comico, che più che essere improntata all’umiltà pare funzionale ad evadere qualsiasi responsabilità personale. Il non-statuto dellla sua non-associazione in fondo è solo un illusionismo utile ad evitare un vero statuto e la costituzione di una vera associazione, che limiterebbero il potere di Grillo e lo costringerebbero a confrontarsi con gli altri associati, un confronto di cui evidentemente preferisce fare a meno, gestendo il movimento grazie a una ristretta cerchia di familiari e collaboratori.

RIVOLUZIONE BUFFA – In realtà Grillo non è il portatore di una rivoluzione culturale e lo confessa implicitamente rifiutando di prendere posizione su temi come i diritti umani e quelli delle minoranze. Si tratta di espedienti utili non solo a evitare disagi alla torma di suoi fan che ce l’ha con gli zingari e con gli immigrati (l’adesione al movimento è riservata ai cittadini italiani, roba che nemmeno la Lega Nord), ma soprattutto a scaricare verso il basso le sue responsabilità di duce e unica autorità del M5S. Grillo detta la linea, sceglie i modi della comunicazioone del movimento, ne scrive le regole, ne è giudice e sbirro e anche il portinaio che decide chi può condidarsi e chi no, ma quando il giornalista gli chiede ragione delle sue non-risposte (diversamente da Travaglio) si nasconde dietro frasi quali:

Non ho gli elementi per decidere. È la gente che deve pronunciarsi, coi referendum sulla rete».

COME BERLUSCONI – Il gioco è abbastanza scoperto e squallido, Grillo parla spesso per sentito dire, lancia il sasso e poi nasconde la mano, proprio come Berlusconi. Decide tutto e poi dice che non decide niente, ordina e poi dice di sottomettersi alla volontà della mitica  “gente”, che però sul suo blindatissimo blog (sede deputata dal non-statuto ad essere l’unica fonte di verità e l’unico logo di dibattito per il Movimento) non ha alcun diritto di tribuna, visto che sul blog scrive solo Casaleggio e quelli ai quali Casaleggio permette di farlo. I referendum in rete non li ha visti nessuno e nemmeno la famosa piattaforma che doveva permettere agli aderenti al movimento di votare sulle questioni e realizzare la mitica “democrazia diretta”. Favole.

POCHE IDEE, MA CONFUSE – Si conferma insomma un Beppe Grillo che non ha idea di quel che dice, ma che lo dice lo stesso. Un Grillo cosciente di essere già oltre i limiti delle sue possibilità e che per questo si blinda dietro non-statuti, non-associazioni e non-idee, ma che non rinuncia a dirsi alfiere di una rivoluzione culturale che non c’è, a meno di non voler scambiare per rivoluzione culturale questa maniera approssimativa e populista di lanciare non-idee a un mitico “popolo della rete” che secondo Grillo dovrebbe essere il padrone del movimento e che invece è relegato, esattamente come fu per i fan di Berlusconi, ad accontentarsi di quello che passa sul blog applaudendo a comando e celebrando un nuovo unanimismo di facciata, mantenuto grazie alle espulsioni di critici e dissidenti e di chiunque appaia contrastare il volere del padrone del movimento, pure lui difeso da una Hasbara ringhiante che nulla ha da invidiare per grossolanità e prepotenza a quella israeliana.

 

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