Giulia Albini: storia di un suicidio strano

Ieri era uscita la notizia della morte di Giulia Albini, pallavolista italiana che si trovava a Istanbul.

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Oggi la storia approda sulle colonne del Corriere della Sera, ma con significative differenze rispetto a quanto raccontato ieri. Il corpo è stato ritrovato alle sei di mattina da un pescatore. Giulia, entrata in Turchia, da sola, sabato scorso, e poi protagonista di movimenti su cui oggi genitori, amici ed ex compagne si arrovellano senza trovare pace, un’auto noleggiata e abbandonata in piena notte ametà del ponte di Fatih Sultan Mehmet per buttarsi nel vuoto. Racconta il quotidiano:

Una vicenda oscura che non convince nessuno, nell’arcipelago di conoscenze ed emozioni che la Albini si è lasciata alle spalle, tanto che c’è chi ipotizza lo scenario di un rapimento, un malore, un’aggressione. La notizia è arrivata in Italia grazie al giornalista turco Selcuk Manav, collaboratore della Gazzetta dello Sport, che da Istanbul ha chiamato il presidente dell’Ornavasso, il paese di 3 mila anime poco lontano da casa (Arizzano, Verbania) dove Giulia, archiviata l’ambizione di fare del volley una professione, coltivava il suo amatissimo sport, di cui si era innamorata bambina come Francesca Piccinini e Eleonora Lo Bianco che ai Giochi di Londra proveranno a vincere l’unico oro che manca al volley donne: guardando alla tv i cartoni di Mila e Shiro. A Trecate, dove aveva cominciato, suor Giovanna Saporiti, presidentessa del piccolo club appena promosso in B1, ricorda «una ragazza sensibile, dolce, gioviale, piena di interrogativi sulla vita ma serena».

Nulla lasciava presagire la notte delle streghe di Istanbul:

«Siamo sconcertati, con le ex compagne di Giulia ci siamo fatte un lungo pianto negli spogliatoi. Abbiamo ancora tutte negli occhi una giocatrice desiderosa di vincere, instancabile negli allenamenti e generosa con gli altri». A metà aprile era tornata in paese per tifare Trecate nei playoff promozione, «ed era la solita: sorridente, entusiasta del lavoro di fisioterapista in Svizzera (a Bellinzona aveva anche giocato, ndr) e della pallavolo che per lei era la vita, trascorreva l’estate sul campo di beach volley e programmava le vacanze, so che aveva un compagno ma non aveva detto a nessuno che sarebbe andata a Istanbul. Quando la notizia è arrivata abbiamo pensato a un incidente. Ma a un suicidio, mai».

Natalia Viganò, ex compagna di squadra a Busto, oggi schiacciatrice dell’Asystel, dice:

«Non ci credo. Non può averlo fatto. Forse è caduta, forse l’hanno assalita per rapinarla, forse l’hanno spinta. Ma Giulia di certo non si è buttata: quest’estate aveva chiesto di partecipare a un torneo di beach con l’Asystel». Era già stata a Istanbul, e forse nel precedente viaggio aveva conosciuto qualcuno. Quegli occhi azzurri che continuano a fissarci dall’albo della Lega purtroppo non chiariscono il mistero. Ma sono luminosi, senza le ombre di Istanbul.

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