La violenza infinita in Messico

25/05/2012 di Maghdi Abo Abia

Il Messico si prepara all’appuntamento elettorale scosso da una guerra combattuta al suo interno tra stato e cartelli della droga che ha lasciato sul campo negli ultimi sei anni qualcosa come 50.000 vittime.

L’IMPEGNO DEL GOVERNO – Tutto iniziò l’11 dicembre 2006, ovvero in occasione dell’elezione dell’attuale presidente Felipe Calderón. Il neo capo di stato una volta arrivato al potere ha voluto cambiare marcia rispetto all’azione del predecessore, Vicente Fox, il quale nei primi anni 2000 mandò le truppe a Nuevo Laredo e Tamaulipas al fine di combattere i cartelli. Successivamente la presidenza spedì altri soldati nello stato di Michoacán per combattere la locale Familia. Con il cambio di presidenza si arrivò all’invio di 6500 soldati il cui obiettivo era quello di chiuderla per sempre con la violenza nello stato del Michoacán. A oggi i soldati impegnati in questa guerra sono 45.000 e fanno di tutto per evitare che i “cartelli” si sostituiscano alla polizia e all’esercito regolare dettando così la propria legge.

CARTELLO – Prima di proseguire cerchiamo di spiegare cosa significhi “cartello della droga”. Questa definizione identifica un’organizzazione criminale impegnata in operazioni legate al traffico di stupefacenti a livello mondiale. Si va dagli “accordi di gestione” tra gruppi di malviventi nella produzione e nello smercio di droga tra narcotrafficanti fino ad arrivare a gruppi criminali impegnati “motu proprio” nell’importazione e nell’esportazione di stupefacenti. Il cartello resta tale solo se si occupa della produzione e distrubuzione di droghe, in special modo la cocaina. Se dovesse “ingrandirsi” perderebbe il suo status di “cartello” diventando un’organizazzione criminale a tutti gli effetti.

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