Beppe Grillo, il candidato che non può candidarsi. Che peccato

A leggere le agenzie di stampa, le reazioni alla “discesa in campo” di Beppe Grillo per le primarie del Partito Democratico occupavano tutta la gamma delle emozioni proprie dell’essere umano. C’era Gianni Pittella, parlamentare europeo dalemiano, che era particolarmente avvelenato: “Se il Pd avesse bisogno di un commissario liquidatore, Grillo, viste le cose che dice sul Partito Democratico, sarebbe un ottimo candidato“. E detto da un dalemiano fa un certo effetto. “È la notizia più divertente del decennio“, ha invece commentato Marco Travaglio. “È geniale. Credo che sicuramente prenderebbe un sacco di voti. Non so come reagiranno al PD, ma se non ricordo male quando alle primarie si candidarono personaggi come Di Pietro, Furio Colombo e Pannella si trovarono dei geroglifici formali per non farli candidare“. Il veltroniano Fausto Raciti, giovane PD, lo ha sfottuto parafrasando uno slogan del ’68: “Uno sbadiglio lo seppellirà“, mentre l’Italia dei Valori a prima vista sembrava colpita da una forma rara di schizofrenia partitica: mentre Luigi Li Gotti lo bocciava (“È un uomo di spettacolo, un comico e si comporta come tale. Usa tutti i mezzi per fare spettacolo ma cosa diversa è fare politica. Finché si tratta di provocazione va bene, ma guai se quello di Grillo si trasformasse in impegno politico diretto“), Antonio Di Pietro elogiava il comico: “la candidatura di Grillo a segretario del Pd è una gran bella notizia. Peccato che con una scusa o un’altra la sua candidatura, come la mia delle precedenti primarie, verrà respinta perché non si deve disturbare il manovratore“.

Ed è sintomatico che proprio Di Pietro e Travaglio – di sicuro vicini a Beppe – siano quelli già pronti a urlare al complotto. Forse perché hanno mangiato la foglia. Infatti, Repubblica fa giustamente notare che ”per potersi candidare alla primarie del Partito Democratico è necessario innanzitutto essere iscritti al partito. Quindi sono i dirigenti del Pd che devono accettare la richiesta di Beppe Grillo“. E c’è anche altro: nello statuto del PD, articolo 9, c’è scritto che si possono candidare solo gli iscritti al partito “presenti nella relativa Anagrafe alla data nella quale viene deliberata la convocazione delle elezioni“. Ovvero, il 26 giugno, a leggere qui. Anche se nello stesso documento si ricorda che “alla commissione nazionale è demandato il compito di intervenire con appositi indirizzi e norme esplicative del regolamento approvato“. Cambiando le carte in tavola, volendo si potrebbe anche accettare una candidatura. Ma ad oggi le cose sono due: o Grillo si è iscritto al partito prima di quella data senza farlo sapere a nessuno e ha già ricevuto la tessera e quindi l’accettazione della sua iscrizione. La qual cosa sarebbe anche teoricamente possibile, e rivelerebbe che qualche dirigente ligure del PD è tanto rincretinito da non aver riconosciuto quel Giuseppe Grillo. Oppure non si è ancora iscritto e quindi il regolamento – applicato alla lettera – lo escluderà dalla corsa. A quel punto, arriverà l’ennesimo post piagnone in stile “ce l’hanno tutti con me“ e finirà tutto a tarallucci e vino con le ipotesi di Grande Gomblotto da parte dei fanZ. Piero Fassino sembra pensarla così:“Grillo non è iscritto al Pd e lo ha attaccato di continuo. La sua candidatura è un boutade un po’ provocatoria e non c’è alcuna ragione per considerarla una cosa seria. Bisogna vedere se noi accettiamo la sua iscrizione al partito e non penso che si possa accettare. Per me la cosa finisce qua“. Da qui si capiscono meglio le dichiarazioni di Di Pietro sui poteri forti che bloccheranno Grillo: essendo stata bocciata la candidatura del leader dell’IdV per lo stesso motivo all’epoca delle primarie che poi elessero Veltroni, Tonino potrebbe star semplicemente reggendo il gioco a Grillo, per preparargli il terreno al momento della ritirata strategica.

E sinceramente sarebbe un peccato. Perché la cosa migliore che possono fare quelli del PD, adesso, è semplicemente andare a vedere il bluff (se di bluff realmente trattasi). Invece di appigliarsi a un regolamento che vuole un’iscrizione entro una certa data per partecipare come candidati a un’elezione a cui però votano tutti, non solo gli iscritti al partito, ci vorrebbe un atto di coraggio. Potrebbero accettare la sfida a concorrere, e magari vincerla correttamente, ovvero sul campo. Questo costituirebbe una bella risposta sia a Grillo che a Di Pietro: di più, la migliore possibile. Peccato che questo non succederà mai. Impossibile immaginarsi i vari Fassino, Rutelli, D’Alema rischiare di trovarsi nel partito una “grana” come lui, con tutti i voti che sicuramente prenderebbe. D’altronde, si tratta di gente che ha paura del voto popolare, che li ha spesso visti prendere degli schiaffi assai sonori. Bisogna capirli: sono terrorizzati.

(vignetta da Shockdom)

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