Se il mondo assomigliasse alla Svezia o alla Valle D’Aosta, il riscaldamento globale non esisterebbe

Se il mondo somigliasse alla Svezia il problema del riscaldamento globale sarebbe già archiviato. Secondo le ultime statistiche rese note da Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Unione Europea, il paese scandinavo è un modello mondiale per quanto riguarda l’utilizzo di energie rinnovabili. E se gli scienziati indicano che siamo ben lontani dagli obiettivi fissati dalla Conferenza di Parigi del 2015 tesi a mantenere la soglia di riscaldamento globale al di sotto della soglia compresa tra +1,5 gradi e i +2 °C entro la fine del secolo, l’Europa si avvia verso un lento cambiamento e una progressiva riconversione verso l’economia verde.

Rinnovabili: l’Italia tra le nazioni “virtuose” d’Europa

L’obiettivo europeo, ovvero la quota di energia proveniente da fonti rinnovabili, sul totale del consumo energetico, è stata fissata per il 2020 al 20% per l’intera UE. Il target continentale è stato poi suddiviso in vari obiettivi nazionali, una dinamica che ha visto affiancare a paesi virtuosi, altri decisamente più restii a imboccare la strada del rinnovamento. Nel grafico sotto trovate come si posizionano le differenti nazioni rispetto ai target di riconversione energetica assegnati.

È la Croazia, insieme al Montenegro,  a essere, a sorpresa, tra le nazioni più virtuose per quanto riguarda la riconversione “green”. Meno clamore desta invece la buona posizione di nazioni scandinave come Danimarca e Svezia o di Paesi baltici come Estonia e Lituania, storicamente molto sensibili alle tematiche ambientali.

E l’Italia? Per una volta ci sono buone notizie anche per il nostro Paese che ha già superato del +1,3% l’obiettivo che è stato stabilito per il 2020, ovvero quello del 17% del consumo energetico proveniente da fonti rinnovabili. Un piccolo primato che lo posiziona davanti a paesi come Francia, Germania e Olanda.

Italia: la corsa per la riconversione energetica ferma al 2013

Un dato ancora più importante quello del Belpaese, se si considera che nel 2004 appena il 6,3% dei consumi proveniva da fonti rinnovabili, anche se la crescita sembra essersi  ora arrestata.

“Va considerato che l’Italia ha avuto un’ottima crescita fino al 2013, da quell’anno in poi si sta progredendo pochissimo e il rallentamento mette a rischio il raggiungimento degli obiettivi previsti per il 2030″ sottolinea Edoardo Zanchini, vice-presidente di Legambiente che aggiunge: “La fine degli incentivi statali ha frenato la riconversione italiana. L’Italia è stata, tra 2012 e 2013, uno dei posti al mondo dove si è investito di più in rinnovabili, poi altri paesi sono continuati a crescere e noi ci siamo fermati. Si tenga presente che, tecnologie come i pannelli solari, all’epoca erano molto più costosi e meno efficienti di quanto non lo siano oggi”.

La buona notizia è che l’Italia si conferma un paese leader per gli investimenti in rinnovabili, con aziende leader mondiale del settore come Enel Green Power. La cattiva è che gli esperti sottolineano che gli imprenditori e i player italiani investono soprattutto all’estero, rendendo così più problematico il rinnovamento degli impianti di casa nostra e il raggiungimento di obiettivi di “autosufficienza green”.

Le ecotasse funzionano?

Discorso a parte va fatto per le cosiddette ecotasse o “green tax”, ovvero tutte quei tributi che vengono riscossi allo scopo di favorire la difesa dell’ambiente. Nel 2017 in Italia le “tasse ambientali” rappresentavano circa il 7.9% delle entrate fiscali complessive, una percentuale rilevante rispetto alla media continentale. In tutta Europa, rileva l’Eurostat, le entrate fiscali derivanti da tasse “verdi” sono aumentate dai 264 miliardi del 2002 ai 369 miliardi di euro del 2017. Gran parte di questo denaro, circa il 77%, deriva dal settore energetico. Perché allora la Svezia, paese che detiene il record di economia “verde” in Europa, ha una tassazione ambientale così bassa? Edoardo Zanchini suggerisce di leggere in maniera “non letterale” i dati riportati nel grafico Eurostat riportato sotto. «Per definire una tassa come ecologica, bisogna far sì che quanto tassato finisca in investimenti “verdi”, piuttosto che nel mare magnum della fiscalità generale. In Svezia esiste una carbon tax che permette di finanziare progetti ambientali. In Italia, invece, è scesa la quota di fiscalità indirizzata a finanziare progetti “green”, e i sussidi che vanno alle fonti fossili sono tuttora molto alti. Per realizzare una misura efficace si potrebbe, ad esempio, tassare fortemente l’energia derivante da fonti fossili e detassare quella derivante da fonti rinnovabili. Sono scelte politiche» spiega il vicepresidente di Legambiente.

Rinnovabili: l’ascesa dell’energia solare

Nel 2017 il 34,2% dell’energia elettrica prodotta in Italia derivava da fonti rinnovabili, contro l’11,01% di quella termica e appena l’1,6% di quella utilizzata nei trasporti, vero e proprio tallone di Achille verso la transizione energetica. Rimanendo sul settore dell’energia elettrica è ancora la produzione idroelettrica a far registrare la maggior fonte di energia “verde” in Italia, ma continua a far registrare flessioni , osservabili soprattutto a spese dell’energia solare (+2,3twh rispetto all’anno precedente).

Il record della Valle D’Aosta e il “nodo” della Lombardia

E’ la Valle D’Aosta la regione più virtuosa d’Italia per quanto riguarda il consumo di energie verdi. Escludendo il settore dei trasporti, circa l’87,8% consumata in Regione proviene da fonti di energie rinnovabili. Una percentuale che la proietta tra le regioni più verdi d’Europa per quanto riguarda il consumo energetico. Seguono (anche se non riportate sulla mappa) con quote davvero rilevanti la provincia di Trento (44,3% di energia prodotta da fonti rinnovabili) e Bolzano (65,1%). Virtuose anche molte regioni del Sud come Calabria (38,8% di energia proveniente da FER), Basilicata (36%) e Molise (36,2%)*.

«Il record della Valle D’Aosta è dovuto molto al settore idroelettrico, mentre i buoni risultati delle regioni del Sud, si devono soprattutto a eolico e solare. Si tenga però presente che parliamo di regioni con pochi abitanti, dove è relativamente più semplice raggiungere obiettivi di vasta copertura energetica per mezzo delle rinnovabili» spiega Edoardo Zanchini. Tra le regioni industriali d’Italia più green spiccano invece il Veneto (17,6%) e il Piemonte (17,8%), mentre la Lombardia si attesta sul 13,7%. Se parliamo di obiettivi a lungo termine e di una riconversione energetica che dovrà essere, per forza di cose, epocale, non si può che ripartire da qui.


*= I dati non tengono conto del settore dei trasporti

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