La risposta piccata di Conte al giornalista del Manifesto che gli chiede di rivendicare i tagli all’editoria

28/12/2018 di Redazione

Ognuno dovrebbe assumersi le responsabilità di quello che fa. È questa la sostanza della domanda che il giornalista de Il Manifesto Andrea Fabozzi fa al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, stuzzicandolo sui tagli all’editoria previsti dal governo giallo-verde. In modo particolare, il riferimento è ai finanziamenti per quelle cooperative che sono voce di una precisa organizzazione politica, sindacale o di minoranze etniche.

Tagli editoria, la provocazione di Andrea Fabozzi

Nel corso della conferenza stampa, Andrea Fabozzi prende la parola e inizia la sua domanda con un amarcord: «Probabilmente – dice – questa potrebbe essere la mia ultima conferenza stampa qui, se dovessero concretizzarsi i tagli all’editoria che il suo governo ha previsto». Poi, dopo una breve descrizione dello stato dell’arte (i tagli coinvolgono anche altri giornali o emittenti come Radio Radicale o Avvenire), Fabozzi passa alla domanda vera e propria.

«Se la sente di rivendicare con orgoglio il fatto che il suo governo farà chiudere delle voci dell’opposizione come il Manifesto, Radio Radicale o Avvenire?». La domanda è tagliente, così come la risposta del presidente del Consigio Giuseppe Conte, che si dimostra infastidito dal quesito posto dal giornalista del Manifesto.

La risposta di Conte sui tagli all’editoria

«Più che una domanda – risponde Conte -, la sua mi sembra una provocazione. Non credo che i giornali come Avvenire possano definirsi d’opposizione, anche se non sono favorevoli a questo governo. Per carità, non voglio dare il bacio della morte a nessuno». Al di là dei giri di parole iniziali, che dimostrano che il presidente del Consiglio ha accusato il colpo, la risposta di Conte non è soddisfacente.

Il presidente del Consiglio si rifugia dietro la classica scusa del tavolo tecnico: «Dobbiamo ancora discuterne: apriremo un momento di confronto che spero possa essere costruttivo. Spero che possiamo risolvere la situazione e poi giudicherete voi se questo governo è per la libertà di stampa o meno». Tutto e niente.

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