Il vigile del fuoco morto a Fara Sabina aveva interpretato la vittima in una simulazione di esplosione

Ci sono storie che si incrociano nelle tragedie e che, col senno di poi, fanno riflettere più di altre. Stefano Colasanti, il vigile del fuoco morto a Fara Sabina il 5 dicembre a causa dell’esplosione di un’autocisterna in una stazione di servizio, il giorno prima aveva interpretato il ruolo di vittima in un’esercitazione che i vigili del fuoco avevano realizzato – a scopo dimostrativo – nel giorno di Santa Barbara.

Stefano Colasanti aveva «fatto il morto» durante un’esercitazione il giorno prima

Proprio nel corso della giornata dedicata alla protettrice dei vigili del fuoco, infatti, il comando di Poggio Mirteto – al quale Stefano Colasanti apparteneva – aveva organizzato un evento dimostrativo presso la caserma di Rieti. Celebrazioni per la festa tradizionale del corpo dei vigili del fuoco, unita all’attività didattica per mostrare ai cittadini quanto sia importante il ruolo del pompiere nella nostra società.

Sono stati i suoi colleghi a ricordare che Stefano, in quell’esercitazione, «faceva il morto». Con un brivido che corre sulla schiena. Oggi, quegli stessi colleghi hanno chiesto che il loro amico sia ricordato come un eroe. Non era nemmeno in servizio Colasanti: si era avvicinato per offrire la sua esperienza e le sue competenze in una situazione d’emergenza. L’esplosione lo ha travolto, senza dargli scampo.

I colleghi di Stefano Colasanti: «Ora chiamatelo eroe»

La vicenda che ha investito Stefano Colasanti si è arricchita di un altro particolare inquietante. Il fratello, poliziotto, svolge la mansione di autista del prefetto di Rieti Antonio Mannoni. Anche ieri ha accompagnato il suo capo sul luogo della tragedia, non essendo a conoscenza – fino a quando non lo ha scoperto sul posto – che una delle due vittime era suo fratello.

Stefano Colasanti viveva al massimo la sua esperienza lavorativa di vigile del fuoco: era anche rappresentante sindacale della Uil. Nel tempo libero, si dedicava all’altra sua grande passione: era l’allenatore della formazione di Calcio a 5 femminile Cittaducale. Un destino beffardo lo ha portato via all’altezza del chilometro 39 della Salaria, nella frazione di Borgo Quinzio.

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