Selene Ticchi della maglietta Auschwitzland denunciata dal Museo di Auschwitz

31/10/2018 di Redazione

La notizia è arrivata direttamente da Auschwitz, dove il parlamentare del Partito Democratico Emanuele Fiano si trova in visita. Il Museo dell’olocausto della città polacca, sede del più violento campo di concentramento nazi-fascista, ha deciso di denunciare Selene Ticchi che, nel corso di un raduno neo-fascista a Predappio, ha sfoggiato la maglietta con la scritta Auschwitzland: ovvero, una sorta di crasi tra Auschwitz e Disneyland, con tanto di logo che si richiama al parco di divertimenti più famoso al mondo.

Selene Ticchi denunciata dal Museo di Auschwitz

Unanime la condanna per quella maglietta, non solo da sinistra: la Ticchi, infatti, era stata presa di mira dagli stessi vertici di CasaPound (altro movimento di ‘fascisti del terzo millennio’ presente in Italia) oltre che da Forza Nuova, suo gruppo politico di riferimento. Il partito di Roberto Fiore, infatti, aveva sospeso a tempo indeterminato la sua militante che, sotto le sue insegne, si era anche candidata a sindaco di Budrio, senza tuttavia essere eletta.

In un primo momento, la donna si era giustificata sostenendo che non avesse nient’altro da mettere e che le altre magliette con gli altri simboli che inneggiavano al fascismo fossero fuori uso. Una scusa che non reggeva e che si è rivelata una toppa peggiore del buco. Ora, Emanuele Fiano ha annunciato la decisione del Museo di Auschwitz che si è rivolto alla locale procura per evidenziare come la t-shirt sia una provocazione orribile che irride l’ex campo di sterminio nazista.

Pronta una denuncia per Selene Ticchi anche in Italia

Un provvedimento simile a quello preso dal Museo di Auschwitz, ora, verrà con ogni probabilità adottato anche in Italia: «Ho già detto che quella t shirt è disgustosa e chi l’ha indossata ha compiuto una provocazione inaccettabile – ha detto Emanuele Fiano -. Denunceremo la Ticchi anche in Italia». Persino la Disney, multinazionale dell’animazione, aveva preso le distanze dal gesto della militante neofascista, definendo «riprovevole e ripugnante» quella maglietta che, oltre a rappresentare un inaccettabile insulto alla memoria storica, violava in maniera dannosa il copyright dell’azienda.

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