Moggi racconta: «Mi sento spesso con Andrea Agnelli. Con noi ha imparato tutto»

29/08/2018 di Redazione

«Il calcio resta la mia vita, anche se quello di oggi mi fa schifo. Anche volendo, non potrei starne fuori. Continuano a telefonarmi. Mi chiedono consigli. Dessi retta a tutti, oggi avrei più lavoro di prima». Parla così Luciano Moggi in una lunga intervista pubblicata oggi sul Corriere dello Sport (di Giancarlo Dotto) in cui ripercorre la sua lunga carriera ai vertici del mondo del pallone. L’ex dirigente di Roma, Lazio, Torino, Napoli e Juventus, poi travolto dallo scandalo di Calciopoli, si è raccontato rivelando aneddoti su colleghi e calciatori, e ha espresso un giudizio sui protagonisti della Serie A, nemici e amici:

Chi ti chiama?
«Gli amici. Ne ho tanti ancora nel calcio. Ma resto vicino alla mia Juve. Con Andrea Agnelli mi sento spesso. È un ragazzo sveglio. È stato con noi 12 anni e ha imparato tutto. Lui lo sa bene che gli scudetti sono 36, tutti conquistati sul campo. Nessuno ha mai aiutato la Juve a vincere».
Cristiano Ronaldo. L’hai suggerito tu?
«No, lì è roba Fiat. E comunque io Cristiano Ronaldo l’avevo comprato. Aveva 18 anni e giocava nello Sporting di Lisbona. Lo vidi e la mattina dopo firmai il contratto. Cinque miliardi più il nostro Salas, al quale avrei anche regalato un miliardo di buonuscita. Ma poi Salas preferì il River Plate e su Ronaldo arrivò il Manchester United. All’epoca era crisi nera alla Juve. Non avevamo una lira».
L’avresti preso oggi?
«Come marketing, un’operazione straordinaria. Ma io non avrei mai preso un giocatore di 33 anni a quelle cifre e certo non l’avrei mai sbandierato prima di vendere Higuain, uno che comunque ti fa 20 gol a campionato».

Moggi: «Calciopoli? Dovevo difendermi da Milan e Inter»

Moggi è ovviamente entrato nel merito anche di Calciopoli, lo scandalo che lo ha escluso a vita dal mondo del calcio:

Fai il bravo ragazzo, pentiti, confessa le tue colpe. Se non per me, fallo per Padre Pio che ti guarda ed è pronto ad assolverti dal fondo del giardino.
«Dovevo difendermi. Alla Juve avevo due occhi davanti e due dietro. Subodoravo le cose. Carraro e Galliani, presidenti di federazione e di lega, facevano gli interessi del Milan e Facchetti faceva lobbing con gli arbitri a favore dell’Inter».
Eviterei di parlare di Facchetti. Eccesso di legittima difesa. Almeno questo vogliamo ammetterlo?
«Parlavo con i designatori arbitrali, è vero. Ma allora era consentito e nessuno può dire che ho mai chiesto di vincere una partita. Chiedevo solo arbitri all’altezza. E’ un illecito questo? Il problema vero è che dentro la Juventus c’era una resa dei conti per farci fuori».
Racconta.
«Quella famiglia Agnelli è sempre stata un Far West e avevano paura che Giraudo, delfino di Umberto Agnelli, prendesse troppo potere».

(Foto di copertina da archivio Ansa. Credit immagine: ANSA / ALESSANDRO DI MARCO)

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