La lettera di Manlio Di Stefano (in inglese) al Financial Times vista da un madrelingua

16/05/2018 di Redazione

Dopo aver fatto una dichiarazione in diretta Facebook, il Movimento 5 Stelle ha anche inviato una lettera ufficiale al Financial Times per protestare contro l’articolo in cui i populisti italiani venivano definiti «barbari». La firma è di Manlio Di Stefano, uno dei massimi esperti pentastellati in politica estera.

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La lettera di Manlio Di Stefano al Financial Times

La lettera è stata pubblicata sul Blog delle Stelle in una duplice versione, quella italiana e quella inglese. Manlio Di Stefano ha deciso di indirizzarla al Ceo del Financial Times John Ridding e agli altri editori della prestigiosa testata. La sostanza della missiva può essere rintracciata nell’ultimo paragrafo della stessa: «Se vorrete comprendere meglio come realizzeremo anche questo obiettivo – ha scritto Manlio Di Stefano -, non perdete tempo rilanciando notizie false create ad-hoc dalla stampa italiana, veniteci a conoscere e riportate il vero».

Manlio Di Stefano, inoltre, ha voluto ricordare al Financial Times come i barbari siano stati coloro che hanno governato il Paese negli ultimi trent’anni. Le accuse, pesanti per una testata prestigiosa come il FT, sono state trascritte in lingua inglese. Le abbiamo fatte leggere a un madrelingua per capire l’effetto che avrebbero fatto una volta arrivate nella redazione del quotidiano britannico.

La lettera di Manlio Di Stefano vista con gli occhi di un madrelingua

Ovviamente, la prima risposta che abbiamo avuto è stata: «Non si può mandare una lettera del genere al Financial Times». Sia, chiaramente, per il tono utilizzato, sia per il lessico impiegato. Secondo la nostra fonte, si nota in maniera piuttosto evidente come la lettera sia il risultato di una traduzione e non una vera e propria produzione originale. Da qui, le tante espressioni «maccheroniche» con cui la lettera è stata confezionata. Se si sorvola su qualche errore di battitura (un but che diventa un bu) e che è presente anche nella versione italiana (po senza apocope), il vero problema dell’inglese di Di Stefano è il suo scarso formalismo. Insomma, non ci si può rivolgere al Financial Times come se fosse un qualsiasi amico di penna delle scuole superiori.

L’altra impressione che la nostra fonte madreligua ha avuto è stata che la lettera sia stata scritta da più mani, che sia il frutto di una sorta di collage tra idee e competenze linguistiche diverse. La materia trattata era già spinosa. Se poi consideriamo lo stile inglese – molto formale negli ambienti altolocati di Londra – potremmo quasi scommettere che gli editori del Finacial Times fermeranno la loro lettura dopo una riga e mezza. Con buona pace delle proteste del Movimento 5 Stelle.

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