La ricetta del ministro del Tesoro M5S: «Via il Jobs Act» e «più tasse per i ricchi»

Più di destra o più di sinistra? La domanda ha una risposta scontata se riguarda Andrea Roventini, l’economista della Scuola superiore di Sant’Anna che Luigi Di Maio propone come ministro del Tesoro di un’eventuale governo del Movimento 5 Stelle. Basta leggere la presentazione su Twitter, in cui si definisce «keynesiano eretico», per capire che il 40enne aspirante ministro è lontano anni luce dal pensiero liberista. È ciò che dalle pubblicazioni e dagli interventi emerge in maniera netta. «Il suo è un approccio keynesiano espansivo, è un amico dell’innovazione», fa sapere oggi l’economista Giovanni Dosi, fino a poche settimane fa direttore della Scuola Superiore di Sant’Anna, che può essere considerato uno dei mentori accademici di Roventini.

 

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La ricetta del ministro del Tesoro M5S Roventini: «No all’austerità del fiscal compact»

Il possibile ministro a giugno scorso fu tra i partecipanti del convegno organizzato dal M5S alla Camera dal titolo ‘Lo Stato innovatore’. Nel corso del suo intervento spiegava, parlando della bassa crescita, che  «l’attuale politica economico italiana ed europea non funziona». «L’austerità fiscale, il fiscal compact, e la ‘flessibilizzazione’ del mercato del lavoro non funzionano. Lo dicono ricerche empiriche e teoriche. Che la flessibilizzazione non funziona lo dice anche il premio Nobel Stiglitz», è il parere di Roventini. La soluzione è nota ai più: «Ci vuole più crescita». «Ma la crescita – è la ricetta dell’economista – dev’essere ‘smart’, intelligente. Dev’essere sostenibile, verde, e dev’essere anche inclusiva, cioè deve ridurre le disuguaglianze».

«Eliminare il Jobs Act»

Come farlo? Rompendo con il passato. Anche quello più recente. Per creare uno «’Stato innovatore’». «Nel quadro normativo – spiegava Roventini – possiamo ridurre, eliminare, rottamare il Jobs Act. Possiamo non rinnovare il fiscal compact. Quello che possiamo fare a livello italiano è avere uno Stato ‘innovatore’. E uno Stato ‘innovatore’ che vuole avere una crescita ‘smart’ deve guidare lo sviluppo tecnologico e non mettere solo le pezze dove le cose non funzionano: deve creare nuove tecnologie, nuove industrie, nuovi mercati, e deve farlo insieme alle imprese. Da un lato il sistema dei sussidi a pioggia non funziona, dall’altro il modello sui singoli campioni nazionali non funziona. Ci vuole un rapporto simbiotico tra lo Stato e l’impresa privata».

Per quanto riguarda la crescita verde, Roventini parlava della sfida del cambiamento climatico, cita la conferenza COP21. «Ci può essere un grosso investimento guidato dallo Stato. Sono strategie win-win, no sono a somma zero». «Un forte investimento nel settore verde può permettere di uscire dalla crisi, può stimolare il pil potenziale, quindi possiamo crescere di più anche nel lungo periodo e ci permette di evitare disastri ambientali. Ci sono ricerche che dimostrano che gli investimenti nel settore verde creano molti posti di lavoro, con una forte riduzione della disoccupazione».

«Ridurre gli incentivi alle imprese», «Più tasse per gli ultra ricchi»

E come fare per ridurre le disuguaglianze e finanziare nuove politiche? «Possiamo fare lo Stato innovatore ma lo Stato innovatore ha un costo, che si ripaga, ma è necessario pagare un costo nel breve periodo». «Possiamo ridurre gli incentivi alle imprese», «possiamo avere un rapporto simbiotico tra le imprese e lo Stato innovatore (se ad esempio lo Stato americano o quello italiano finanziano Solindra o Tesla, lo Stato si prende una quota del capitale sociale di queste imprese, che può rivendere in futuro o può prenderne i dividendi), «ci vuole una maggiore progressività dell’imposizione (fiscale, ndr) sugli ultra ricchi, sul top 5%, possiamo aumentare le tasse», «possiamo tassare di più le rendite finanziarie, non si capisce perché in Italia le tasse sul lavoro sono sempre più alte delle tasse sul capitale». Roventini tiene in considerazione anche la principale proposta di programma del M5S. «Una delle misure di cui si può discutere è anche il reddito di cittadinanza, che non è un termine esotico o esoterico, se ne parla molto nel dibattito macroeconomico». Infine, le leve per attuare le politiche: innanzitutto «le risorse finanziarie», poi «è importante il ruolo delle banche pubbliche» («in Italia abbiamo la Cassa depositi e prestiti che non è Stata utilizzata come in Germania o in Francia per guidare lo sviluppo e a livello europeo abbiamo la Banca europea degli investimenti»), e «c’è il famoso piano di Juncker». «Dobbiamo trasformare il piano e di potenziarlo», diceva Roventini nel suo intervento.

In un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore oggi Roventini ha spiegato di considerare necessaria la crescita come leva per abbattere l’enorme debito pubblico. E un Def rigoroso. «L’importante è presentarsi al tavolo europeo con proposte credibili. Nel nostro Def non ci sarà spazio per idee bizzarre o utopistiche ma porremo maggiore attenzione al tema della crescita e degli investimenti pubblici, mantenendo l’equilibrio dei conti», ha detto oggi il possibile ministro. E ancora: «Il rapporto debito/Pil non è mai calato agendo solo sul numeratore. In Europa, abbiamo avuto esempi disastrosi, come Grecia e Finlandia. Studi teorici ed empirici dimostrano che le politiche di austerità sono auto-distruttive. Il debito – afferma – va tenuto sotto controllo, ma è ora di rilanciare la crescita. In ogni caso si possono fare tagli mirati alla spesa realizzando il piano Cottarelli e tagliando agevolazioni fiscali improduttive». Sulla proposta del  M5S di riforma dell’Irpef e riduzione dell’Irap con revisione delle tax expenditures, una ricetta complicata, Roventini ha detto «proveremo ad attuarla noi. E taglieremo i trasferimenti improduttivi alle imprese individuati nel rapporto Giavazzi. Non capisco perché anche questo piano è finito nel cassetto. In ogni caso, una mia priorità assoluta sarà una riforma fiscale basata sull’equità. C’è troppa disuguaglianza, dannosa per crescita e stabilità».

(Immagine da video caricato su YouTube)

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