I tre italiani scomparsi in Messico sono stati venduti da 4 poliziotti

Di Raffele Russo, del figlio Antonio e di Vincenzo Cimmino non si sapeva nulla dal 31 gennaio scorso. Ora, una svolta getta luce sul caso dei tre italiani scomparsi in Messico, nella città di Tecalitlàn che si trova all’interno dello Stato del Jalisco. Secondo le prime ricostruzioni delle autorità locali, infatti, sarebbero stati quattro poliziotti – tra di loro c’è anche una donna – ad aver venduto i tre italiani a una banda della criminalità organizzata locale.

ITALIANI SCOMPARSI IN MESSICO, LA SVOLTA

A dichiararlo è stato il procuratore generale Raul Sànchez nel corso di una conferenza stampa: la possibile pena per i 4 poliziotti, ora, dovrebbe oscillare tra i 40 e i 60 anni di carcere. Resta tuttavia il mistero sui tre connazionali: Raffaele Russo ha 60 anni, più giovani gli altri ostaggi (Antonio Russo ha 25 anni, mentre Vincenzo Cimmino ne ha 29). La vicenda presenta ancora tinte fosche: non si conosce bene il motivo per cui, ad esempio, Raffaele Russo si facesse registrare negli alberghi con il falso nome di Carlos Lopez. E il suo giro d’affari, la vendita di generatori elettrici tedeschi (che però venivano fabbricati in Cina), non è ancora perfettamente chiaro.

ITALIANI SCOMPARSI IN MESSICO, IL GIALLO

Al momento, si possono fornire soltanto ipotesi sulle dinamiche del sequestro: probabile che i tre italiani siano stati fermati a un posto di blocco dai poliziotti che poi li avrebbero venduti alla banda di criminali. E non si esclude il coinvolgimento di Hugo Enrique Martinez Muniz, il capo della polizia della città di Tecalitlàn, irreperibile ormai da diverse ore.

(Foto tratta dal profilo Facebook di 24h Morelia )

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