Il pastore si pente in tv: «Sì, ho ucciso la volpe con un forcone, perdonatemi»

20/02/2018 di Redazione

«Sono profondamente pentito di quello che ho fatto. È stato un gesto dettato dalla rabbia e dalla disperazione perché le volpi quest’anno mi hanno ucciso 60 pecore, parte del mio gregge che mi serve come sostentamento per la mia famiglia». Ha parlato così in tv, in forma anonima ai microfoni del tg sardo ‘Videolina’, l’allevatore della provincia di Nuoro che nei giorni scorsi ha infilzato e brutalmente ucciso con un forcone una volpe, condividendo poi il video sui social e scatenando l’indignazione degli animalisti.

Il pastore uccide la volpe con un forcone, il pentimento in tv: «Chiedo perdono»

«Non è un gesto giustificabile e chiede perdono anche per aver condiviso il video – ha spiegato il pastore – io lo volevo cancellare ma poi è andata così. Da tre giorni non dormo per questa storia. Voglio anche precisare che è stato uno sbaglio fatto da me e non dall’intera categoria di pastori. Ho colpito la volpe – ha ricostruito l’uomo – con la prima cosa che mi è capitato vicino. È stato un errore gravissimo ma sono pronto a sedermi intorno a un tavolo con i forestali e con gli ambientalisti perché quello delle volpi da noi è un problema da risolvere».

Gli animalisti all’attacco: «Dev’essere condannato con le aggravanti»

Scuse che non bastano agli animalisti. La Lega anti vivisezione attacca. «Il responsabile deve essere condannato con tutte le aggravanti – ha dichiarato Roberto Corona della Lav di Cagliari -. Contrastiamo a tutti i livelli questa cultura incapace di riconoscere il diritto di vivere delle altre specie. Ci vuole una nuova visione etica e non violenta nella gestione del rapporto con i selvatici e tutti gli animali in generale. La Regione Sardegna deve assumersi le proprie responsabilità e iniziare a condannare questi atti incivili anziché considerare gli animali causa di problemi che si risolvono con l’abbattimento, come volpi, cinghiali, daini, cornacchie. La nostra fauna selvatica deve essere tutelata e salvaguardata e non condannata a morte».

(Immagine dal video girato via Whatsapp e social network)

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