Berlusconi dice che con le unioni civili non si fanno figli. E sbaglia

12/02/2018 di Redazione

Cosa c’entrano le unioni civili con le variazione del tasso di crescita demografica? Nulla, a meno che non si consideri l’orientamento sessuale e il desiderio o la possibilità di avere figli qualcosa di strettamente connesso alla volontà del legislatore. Forse è quello che pensano diversi esponenti del centrodestra, che in questi giorni legano la legge Cirinnà sul riconoscimento dei diritti delle coppie gay approvata nel 2016 ad una presunta distruzione della famiglia ‘tradizionale’ o ad una possibile «fine dell’umano» (copyright: deputata Eugenia Roccella).

Berlusconi, l’abolizione delle unioni civili e il problema della crescita demografica

Silvio Berlusconi si è aggiunto al coro anti unioni civili, con le medesime argomentazioni degli ultracattolici. «Penso che la legge sulle unioni civili – ha dichiarato l’ex premier ai microfoni di Radio Lombardia – sia una legge sbagliata, a cui ci siamo opposti pur rispettando la libertà di coscienza dei nostri parlamentari. Ma abolire una legge non significa tornare alla situazione di prima. Abbiamo il massimo rispetto di ogni scelta di vita e di ogni rapporto affettivo. Lo Stato non deve mai entrare nel privato delle persone. Noi non vogliamo togliere diritti a nessuno, ma siamo convinti che la famiglia sia una cosa diversa. Lo Stato privilegia questo istituto perché utile alle società, soprattutto in un Paese dove il calo demografico è un problema molto grave. Non diamo giudizi morali su nessuno, ma abbiamo difeso l’unicità della famiglia nel significato tradizionale del termine». Basterebbe guardare le statistiche di decenni per comprendere il fenomeno del calo delle nascite dura da decenni e che è così radicale da non poter essere superato con i bonus per la natalità o un provvedimento di legge. la popolazione italiana è rimasta invariata da inizio anni ’80 a inizio anni 2000, salvo poi aumentare soprattutto per l’immigrazione. Un tasso di natalità estremamente basso è stato registrato nel nostro Paese a metà anni ’90.

(Foto: ANSA / GIUSEPPE LAMI)

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