«Caro Grasso, non sei più libero e meno uguale di pagare i contributi al Pd»

09/01/2018 di Redazione

«Tu devi al Pd 83.250 euro a prescindere dalla tempistica o dalla costanza del mio sollecito», «Per noi siete tutti liberi e uguali. Tu invece ti ritieni molto libero, di non pagare, e per niente uguale, a chi paga». A Pietro Grasso risponde così, con parole al vetriolo, il deputato e tesoriere del Partito Democratico Francesco Bonifazi, accusato dal presidente del Senato e candidato premier di Liberi e Uguali di avergli ingiustamente chiesto di saldare il conto con il suo vecchio gruppo.

Grasso contro Bonifazi: «Non ho mai ricevuto una tua comunicazione»

Il botta è risposta è partito il 3 dicembre, nello stesso giorno dell’ufficializzazione della candidatura a premier di Grasso, con una lettera nella quale Bonifazi chiedeva alla seconda carica dello Stato di versare tutto il dovuto al partito, come avevano già fatto anche altri colleghi parlamentari fuoriusciti dal partito. La replica di Grasso è arrivata ieri, con una lettera pubblicata su Repubblica. «Non ho mai ricevuto da voi alcuna comunicazione in merito alla quota economica mensile che avrei dovuto versare al Pd in ragione della mia elezione, né le modalità di pagamento. Eppure dal marzo del 2013 al giorno delle mie dimissioni dal gruppo del Pd in Senato sono trascorse 56 mensilità», ha affermato il candidato di Leu della lunga missiva.E ancora, in un altro passaggio: «Non sembra opportuno che il presidente del Senato sostenga con soldi pubblici l’attività di un partito, così come per prassi centenaria non è chiamato a dare col voto alcun contributo politico», «Ero convinto che non aver ricevuto richieste di contributi dipendesse da una visione condivisa di questo modello. Sarò felice se vorrà spiegarmi la ragione per cui ha cambiato opinione».

Bonifazi contro Grasso: «Devi pagare, non sei superiore o diverso dagli altri»

«Dalle tue parole – è la replica odierna di Bonifazi in una nuova lunga lettera pubblicata su Repubblica – appare evidente che ti ritieni l’unico parlamentare eletto nelle liste del Pd a non dover pagare la quota che tutti gli altri tuoi colleghi hanno, in tutto o in parte, onorato durante questa legislatura». E ancora:

Tu hai deciso di non rispettare il tetto dei 240.000 euro, tu hai deciso di non rispettare le regole del partito che ti ha eletto e che tu stesso hai accettato nel momento della candidatura.
Per giustificarti, fai cenno ad una qualche tardività della mia richiesta. Questo mi pare un goffo tentativo di spostare l’attenzione. Tu hai l’obbligo statutario di pagare, non io quello di intimarti il pagamento. Tu devi al Pd 83.250 euro a prescindere dalla tempistica o dalla costanza del mio sollecito.
Inoltre, respingo al mittente l’accusa di aver avuto un atteggiamento ritorsivo. Infatti, qualora la richiesta verso i morosi si fosse limitata alla tua persona, avresti tutte le ragioni per recriminare sulla straordinarietà della richiesta, ma visto che il sollecito ha riguardato tutti gli inadempienti l’accusa di ritorsione politica è assolutamente pretestuosa. Per noi siete tutti liberi e uguali. Tu invece ti ritieni molto libero, di non pagare, e per niente uguale, a chi paga.
Caro Presidente, dai retta a me: il solo dato straordinario è che non hai ancora versato ciò che devi e che potrebbe aiutare famiglie che sono in cassa integrazione in ragione di una legge, quella sul superamento del finanziamento ai partiti, approvata in questa legislatura.
Per quanto riguarda lo sforamento del tetto dei 240.000 euro da te compiuto, ne prendo atto non per fare polemica politica – non mi sognerei mai di mettere in discussione la tua carriera nelle istituzioni – ma semplicemente per sottolineare, da tesoriere, che hai tutte le potenzialità economiche per adempiere al tuo debito nei confronti del partito.

E concludendo:

Infine, mi stupisce che «un ragazzo di sinistra» come tu ami definirti – utilizzi l’essere la seconda carica dello Stato in maniera strumentale, come un banale scudo formale per non assolvere ad un dovere sostanziale e persino morale verso la forza politica che a quella carica ha contribuito in maniera decisiva a portarti. Peraltro la tua tesi è smentita dai fatti: i membri dell’Ufficio di presidenza della Camera e del Senato eletti nelle liste del Pd hanno contribuito regolarmente al pagamento del dovuto.
Per non essere tacciato di atteggiamenti politicamente ritorsivi non commento altro della tua lettera. Tu, caro Presidente, puoi addurre tutte le scuse che vuoi, ma per me non sei né superiore né diverso dagli altri: hai un dovere giuridico, assunto all’atto della candidatura. Attendiamo fiduciosi che dopo esser stato a lungo libero tu torni uguale agli altri tuoi compagni di partito che lasciando il Pd hanno mantenuto gli impegni e la parola data.

(Foto: ANSA / RICCARDO ANTIMIANI)

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