La multa M5S a chi cambia partito? Il caso dell’eurodeputato Affronte dimostra che è inutile

Negli ultimi giorni il Movimento 5 Stelle ha confermato la scelta di multare i propri eletti in Parlamento in caso di cambio di casacca. La sanzione salata per chi abbandona il proprio gruppo non è una novità. Il M5S l’ha introdotta quattro anni fa (dopo i numerosi dissensi interni di inizio legislatura) in occasione delle Elezioni Europee del 2014, confermandola poi anche alle Amministrative del 2016, per i consiglieri comunali eletti a Roma e Torino. Ma ci sono molti più dubbi che certezze sulla possibilità di applicarla.

Il caso dell’eurodeputato Affronte: via dal M5s ma nessuna multa

Gli interrogativi sulla clausola sottoscritta tra il partito e i candidati riemergono con il caso dell’eurodeputato eletto nelle liste grilline Marco Affronte, che a inzio 2017 ha deciso di abbandonare il Movimento e il relativo gruppo a Strasburgo (l’Efdd) per aderire a quello dei Verdi. In teoria avrebbe dovuto pagare una multa da 250mila euro, ma dopo tanto clamore i vertici M5S in questi mesi non gli hanno mai chiesto nulla. Nemmeno un euro. A raccontato è lo stesso europarlamentare in un’intervista rilasciata a Repubblica Bologna:

Affronte, anche per gli europarlamentari era prevista una multa in caso di cambio di “casacca”, ma a lei è stata applicata questa sanzione?

«No, quando esattamente un anno fa ho deciso di uscire dal Movimento 5 Stelle, ma sono rimasto come eletto nel Parlamento Europeo, Beppe Grillo annunciò dal suo blog che con i soldi della mia sanzione avrebbe aiutato i terremotati. Si trattava di 250 mila euro per quelle che venivano definite inadempienze rispetto al codice di comportamento. Dopo un anno però nessuno mi ha chiesto niente».

Lei aveva firmato un documento in cui accettava la clausola?

«Sì ma era un foglio “volante”. So che adesso nel nuovo codice etico si parla di “indennizzi per gli onere dovuti all’elezione del parlamentare”. Alla nostra epoca questa dicitura non c’era. Comunque io non ho più avuto nessun tipo di contatto in materia».

Al Corriere di Bologna lo stesso Affronte ha inoltre ricordato:

«Parlai con qualche avvocato e tutti mi avevano detto: stai tranquillo, la multa è un vincolo di mandato, non si può fare, nessun giudice può ritenerla ammissibile. Pensavo però che almeno facessero una mossa a cui avrei risposto, e invece non mi hanno chiesto un euro».

Dunque, la multa per gli europarlamentari si è rivelata inutile. E ci sono molte probabilità che continuerà ad esserlo anche per chi verrà eletto alla Camera e al Senato alle Politiche 2018, se si considera che il nodo del vincolo di mandato non è stato affatto superato. È la Costituzione, all’articolo 67, a stabilire che: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Fonti che si sono occupate del dossier sulla multa per il M5S nei giorni scorsi hanno fatto sapere alla stampa che la sanzione «farà parte di una scrittura privata, che sarà slegata dalla funzione costituzionale del parlamentare». Ma era una scrittura privata anche quella sottoscritta da Affronte. E non è comunque scontato che il giudice ammetta la sanzione. La via più semplice sarebbe probabilmente quella di cambiare la Costituzione e introdurre il vincolo di mandato, come propongono da anni i 5 Stelle. Ma bisognerebbe seguire un lungo e tortuoso iter di riforma, e avere un ampio consenso sulla proposta in Parlamento e nel Paese.

(Foto da archivio Ansa)

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