Tam Tam Basket, fuori dal campionato perché stranieri. Ma sono tutti nati in Italia | Gallery

14/10/2017 di Donato De Sena

Nell’Italia che ha paura di approvare una legge sullo ius soli per dare la cittadinanza ai bambini stranieri nati e cresciuti nel suo territorio ci sono storie che meglio di ogni altra raccontano quanto sia spiacevole, triste, o anche doloroso sentirsi in tutto e per tutto italiani ma non esserlo per lo Stato. È il caso della Tam Tam Basketball, una squadra di pallacanestro di Castel Volturno (in provincia di Caserta) composta da adolescenti figli di immigrati che non è riuscita ad iscriversi per i vincoli del regolamento al più importante e prestigioso campionato, quella della Fip, la federazione affiliata al Coni.

LA RINASCITA DEL PALAZZETTO

Tutto comincia nel 2016, quando tre ex cestisti, il coach Massimo Antonelli, campione d’Italia con la Virtus Bologna nel ’76, l’amico Pietro D’Orazio, e Guglielmo Ucciero, presidente di un’associazione polisportiva locale, decidono di rimboccarsi le maniche per recuperare un palazzetto dello sport ormai inutilizzato da circa un decennio. Insieme a una squadra di calcio a 5, la Junior Domitia, raccolgono fondi, effettuano i lavori, mettono la struttura a disposizione della comunità. Il conto è salato (tra tinteggiatura e sistemazione di parquet, spogliatoi e perfino del parcheggio, si spendono diverse decine di migliaia di euro) ma necessario per dare avvio alla creazione di un nuovo valore, sociale più che economico. Comincia una selezione nelle scuole. I bambini stranieri rispondono all’invito ad andare in palestra. Si impegnano a coinvolgere altri coetanei. Nasce una passione per lo sport che li tiene lontani dalla strada in una terra che negli anni è diventata purtroppo simbolo anche di degrado e criminalità.

 

 

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(Foto di Giornalettismo)

 

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LA SFIDA AL DEGRADO E ALLA POVERTÀ

A Castel Volturno gli stranieri residenti sono circa 4mila, più o meno un sesto della popolazione. Sono soprattutto africani, originari della Nigeria e del Ghana. E non vivono in condizioni agiate. I ragazzi arrivano da zone «periferiche, abbandonate», spiega Ucciero. «Quello che ora stiamo facendo è provare a mettere le ‘toppe’ su una difficile situazione sociale. Cerchiamo di creare un percorso sia sportivo che di crescita». «Sono giovani meravigliosi che aspettavano che qualcuno li avviasse allo sport. Adesso cerchiamo di restituirgli la passione», è il racconto di Antonelli. «Ho scoperto che questa è una realtà veramente povera – prosegue il coach -. Questi ragazzi non facevano attività perché non potevano permetterselo. Noi gli offriamo praticamente tutto, non solo i costi dell’attività, ma anche l’abbigliamento, le scarpe, le visite mediche. Per il secondo gruppo, quello che rientra tardi, anche un pulmino, che tra l’altro ci costa molto». La sensazione è che un presidente o un allenatore debba anche provvedere a fornire un supporto che le famiglie non possono dare. I genitori al palazzetto non si vedono quasi mai. «Non immaginavamo un territorio così difficile. Il progetto – spiega ancora Antonelli – è nato sportivo ma il discorso è diventato sociale». «I ragazzi non vengono accompagnati e spesso non hanno il tempo per venire al campo. Se perdono il pullman non hanno tempo di andare a mangiare a casa e vengono direttamente a giocare. Non sono neanche nutriti benissimo». Hanno però entusiasmo da vendere.

IL TAM TAM BASKET A RITMO DI MUSICA

L’appuntamento in via Occidentale è fissato per le 16.30 dei giorni dispari. Basta sedersi qualche minuto sulla gradinata per scoprire quanto i giovani atleti siano composti, educati e interessati a seguire le indicazioni degli allenatori. «Apprendono in modo veloce, si sono innamorati di questo sport», ripete più volte Guglielmo osservandoli a bordo campo. «Loro sentono di aver trovato un ambiente nuovo, diverso, e hanno davvero l’ambizione di diventare atleti di pallacanestro». Un’ambizione che coltivano, tra l’altro, con un tipo di allenamento assai raro. Antonelli a Castel Volturno ha portato il Music Basket.  I fondamentali della pallacanestro – spiega il coach – vengono insegnati a ritmo di musica, in maniera «divertente ed efficace», «più veloce», un metodo che ha sicuramente contribuito ad aumentare la passione in ognuno di loro. «I ragazzi – racconta ancora l’allenatore – non chiedono mai di andare via, sembrano non stancarsi mai. E continuano a chiederci ‘Possiamo restare un’ora in più?’».

 

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(Lo staff della Tam Tam Basket. Al centro Massimo Antonelli, secondo da sinistra, e Guglielmo Ucciero, terzo da sinistra. Foto di Giornalettismo)

 

L’ORGOGLIO DI ESSERE ITALIANI

L’impossibilità di gareggiare nel miglior campionato impedisce di vivere a fondo l’esperienza. Nella Tam Tam giocano quasi 40 ragazzi. Si è anche autocostituito un gruppo femminile. Sono tutti nati in Italia, ma nessuno ha la cittadinanza. La Fip non impone limiti di stranieri nelle formazioni under 13. Per quanto riguarda però l’under 14 un problema c’è: il limite è di due. Ora a a Castel Volturno attendono una risposta. Fiduciosi. Dopo i primi appelli è spuntata anche un’interrogazione parlamentare. I dirigenti della Federazione hanno manifestato disponibilità. Ma per ora dalla Fip è arrivata solo una risposta che Antonelli definisce «da burocrati» e nessuna deroga al regolamento. Solo con quella si bypasserà l’anomalia italiana. «Mi sento italiana e giocherei nella nazionale italiana», dice in palestra una 15enne che è nata nel nostro Paese da genitori nigeriani e che oggi frequenta il liceo scientifico. Per lei la Tam Tam è «un sogno che si avvera». Ed è «triste», invece, non avere la cittadinanza della sua terra. Lo ripetono anche i ragazzi più giovani di lei. La squadra è un’«emozione», «Siamo tutti amici», afferma un ragazzo di 13 anni, anche lui figlio di immigrati nigeriani. Dice che vorrebbe giocare partite proprio come fanno i suoi compagni di scuola figli di italiani. «Il basket mi è sempre piaciuto ma ora ho capito che è lo sport che fa per me», afferma ancora un altro 13enne. Il fatto di non poter giocare come gli altri «mi fa un po’ arrabbiare».

 

 

LA RACCOLTA FONDI

Un po’ arrabbiato lo è, anche se non lo dà a vedere, anche Antonelli: se non ci sarà la possibilità di giocare con la Fip «continueremo il progetto come prima e più di prima». «Ci iscriveremo alla Uisp o altri enti morali, ma non lo voglio pensare, ma non lo meritano i ragazzi per come si stanno comportando, per come sono appassionato e per come sognano, di non giocare nella massima competizione organizzata dalla Federazione». La chiacchierata si chiude con un appello: «Chi vuole darci una mano abbiamo una piattaforma per la raccolta fondi: buonacausa.org. Con il crowdfunding per ristrutturare il palazzetto abbiamo avuto 249 donazioni. Speriamo che ce ne siano altre: possiamo far tornare in sicurezza a casa i ragazzi acquistando il pulmino o pagando qualche autista».

(foto di copertina di Donato De Sena per Giornalettismo)

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