Rene policistico: una vita tra ansia, paura e problemi sul lavoro

11/10/2017 di Redazione

Ansia, paura, problemi al lavoro e preoccupazione per la salute dei figli. Sono le caratteristiche principali dei pazienti con rene policistico, che emergono dall’indagine condotta da GfK su 247 malati italiani. Un’indagine presentata a Roma all’incontro in cui sono stati anticipati i temi del 58.esimo Congresso nazionale della Societa italiana di nefrologia (Rimini dal 4 al 7 ottobre), dove è stato dedicato ampio spazio proprio al rene policistico.

RENE POLICISTICO: L’INDAGINE

E’ un quadro di preoccupazione (66%), paura (42%) e ansia (30%) quello che emerge dall’indagine. Più di 4 pazienti su 5 hanno paura di ‘trasmettere’ il rene policistico – malattia genetica con la quale convivono 24 mila italiani, inserita nei nuovi Livelli essenziali di assistenza come patologia cronica e invalidante – ai propri figli e in oltre il 50% dei casi il desiderio di maternità o paternità risulta compromesso. Il 30% lamenta un ridimensionamento lavorativo e più di 1 su 3 è rassegnato a non poter vivere una vita normale.

Secondo l’indagine il 6% dei pazienti italiani con rene policistico è attualmente in dialisi, di questi il 9% si è sottoposto a un trapianto di rene dopo un’attesa di quasi due anni. A essere investito dalle conseguenze negative della malattia è anche il lavoro: il 30% dei pazienti dichiara che il rene policistico ha influito negativamente sulla propria professione, un impatto che si è tradotto in un mancato avanzamento di carriera (nel 40% dei casi) o nella scelta di lavorare part time (30%).

«Quando le persone ricevono la notizia di doversi sottoporre a dialisi sono spiazzate e impaurite. Dopo lo smarrimento iniziale, i nostri pazienti dimostrano però un grande coraggio nell’affrontare il percorso terapeutico, grazie anche alle relazioni positive che si instaurano con i medici e gli infermieri. Per questo motivo – commenta Giuseppe Vanacore, presidente Associazione nazionale emodializzati dialisi e trapianto (Aned) – come associazione siamo impegnati nel promuovere momenti di incontro tra i pazienti, familiari e operatori sanitari così da mettere a disposizioni occasioni di confronto, per accrescere la consapevolezza della malattia e la partecipazione al percorso terapeutico».

«In passato, i trattamenti per il rene policistico si sono concentrati sul controllo dei sintomi, come ad esempio l’elevata pressione arteriosa o le infezioni renali, e non intervenivano sul naturale decorso della malattia. Ora con i nuovi farmaci come tolvaptan – spiega Francesco Scolari, professore di Nefrologia, ospedale di Montichiari, Università di Brescia – siamo di fronte a un cambio nell’approccio alla cura, perché è possibile agire rallentando il processo di crescita delle cisti. Tolvaptan, bloccando i recettori della vasopressina e inducendo così un’elevata diuresi, interferisce direttamente con i meccanismi che regolano la crescita delle cisti, allontanando nel tempo la necessità di doversi sottoporre a dialisi o a trapianto di rene».

«Il rene policistico è una malattia di cui si parla ancora troppo poco, ma che ha un impatto difficile sulla vita quotidiana dei pazienti e dei loro familiari, influendo anche su scelte psicologicamente rilevanti come quella di avere figli. Per questo motivo – dichiara Luisa Sternfeld Pavia, presidente dell’Associazione italiana rene policistico onlus, Airp onlus – come Airp, siamo da sempre impegnati a dar vita a iniziative capaci di squarciare il velo di silenzio che ricopre ancora la malattia, lavorando a fianco del mondo scientifico e delle Istituzioni per trovare soluzioni capaci di dare speranza ai nostri pazienti».

(fonte Adnkronos. Foto ANSA/ZUMAPRESS)

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