Su WhatsApp il gruppo segreto delle anoressiche suicide

10/10/2017 di Redazione

Si scambiano consigli su quali cibi siano meno calorici, su quali farmaci prendere per non assimilare nulla del poco che hanno ingerito. L’obiettivo delle componenti del gruppo segreto delle anoressiche suicide è chiaro: vogliono perdere peso fino a morire. E per farlo si supportano a vicenda, si confrontano, nella continua rincorsa a perdere peso. Messaggi impressionanti, che nascondono storie di abusi e sofferenza, affrontati in uno dei modi peggiori: privandosi del cibo, fino a morire di stenti. Stralci di queste conversazioni dell’orrore sono stati pubblicati oggi su Libero dalla giornalista Azzurra Noemi Barburo, che è riuscita a infiltrarsi nella chat.

 

A fare parte del gruppo segreto delle anoressiche suicide sono un’ottantina di ragazzine tra i 12 e i 22 anni. I consigli che si scambiano vanno da “prendi i lassativi” a “prenditi a pugni lo stomaco”. Poi si incitano a “digiunare il più possibile” ed esaltano Ana, la “dea” dell’anoressia, in cui hanno bisogno di credere per riuscire a portare avanti la loro battaglia contro la vita. La devozione ad “Ana” – queste ragazze vengono definite infatti “pro Ana” – è una degenerazione della malattia, che si trasforma in una sorta di culto mortifero, alla morte che deriva dalla privazione del cibo.

LA GIORNALISTA DI LIBERO INFILTRATA NEL GRUPPO SEGRETO DELLE ANORESSICHE SUICIDE

La morte – scrive Azzurra Noemi Barbuto – “viene sfidata ed esaltata” e “coloro che hanno il coraggio di togliersi la vita sono percepiti alla stregua di eroi ed eroine”. Oltre ai consigli sulla perdita di peso, sul gruppo segreto delle anoressiche suicide ci sono anche racconti di gesti autolesionisti, che spesso accompagnano i disturbi alimentari. Vengono riportati con orgoglio dalla maggior parte delle ragazze della chat: in quello spazio virtuale condiviso con coetanee sconosciute o poco più trovano la forza di confessare i loro pensieri più bui e di condividere le storie drammatiche che le hanno portate ad ammalarsi.

“Lo dico a voi, perché non mi conoscete, quindi mi risulta più facile aprirmi”, scrive per esempio Nadia, 17 anni, vittima di uno stupro di gruppo da parte del suo ragazzo e di alcuni amici. “Mi vergogno tanto di questa cosa e ho paura di sembrarvi stupida. Per favore, non giudicatemi. Non ridete, vi prego. Se lo sapessero i miei, so che non capirebbero, urlerebbero come sempre, mi direbbero che è colpa mia ed io starei ancora più male. Incontro ancora questi ragazzi per strada, poi torno a casa e mi taglio le braccia o le gambe, per sentirmi meglio. Vorrei che pagassero per quello che mi hanno fatto. Non dimenticherò mai la loro risate mentre lo facevano. Forse è per questo che voglio le ossa, perché sarebbero poco attraenti per gli altri. Io le amo”.

 

 

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