Roma, l’aggressione al Tiburtino III vista dagli occhi del migrante: «Non ho lanciato sassi contro i bambini»

Ha voluto raccontare la propria versione dei fatti il migrante eritreo che, la scorsa notte, è stato ferito presso il centro di accoglienza della Croce rossa (Cri) in via del Frantoio nel quartiere Tibutino III all’estrema periferia di Roma. Un gruppo di persone aveva dato l’assalto al centro per difendere una mamma che aveva avuto una discussione con il migrante: secondo lei, l’uomo avrebbe lanciato dei sassi contro dei bambini (di età compresa tra i 7 e i 12 anni) che stavano giocando lì vicino.

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MIGRANTE FERITO TIBURTINO III, LA DIFESA DEL RAGAZZO ERITREO

«Non ho lanciato sassi ai ragazzini – ha detto il migrante agli investigatori -. Abbiamo avuto una discussione, ma non ho mai tirato le pietre. Poi, ho avuto paura, ma non nutro rancore e non voglio vendetta». L’eritreo si riferisce proprio all’assalto portato al centro della Croce Rossa da parte di alcuni residenti del quartiere, chiamati all’azione anche dagli esponenti di CasaPound che, in un primo momento, avevano parlato di un sequestro ai danni della donna come rappresaglia dei migranti contro le sue proteste. Circostanza che, poi, non è stata verificata ma che ha comunque causato uno scontro violento tra i manifestanti e il migrante, che è stato accoltellato alla schiena.

MIGRANTE FERITO TIBURTINO III, TENSIONE STEMPERATA

La ferita ha causato al migrante circa 30 giorni di prognosi presso un ospedale romano. La sua versione dei fatti è stata raccontata ai carabinieri attraverso l’aiuto di un interprete. Una difesa, insomma, che cerca di gettare acqua sul fuoco, in una situazione davvero ad alta tensione: in un clima di sospetto nei confronti di qualsiasi persona di colore, sia essa un migrante, un rifugiato o – addirittura – un cittadino italiano di origini straniere, basta una scintilla per far scoppiare un incendio. E l’episodio del Tiburtino III avrebbe potuto avere risvolti ben più gravi.

 

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