«Spaccategli un braccio», il dirigente di Polizia si giustifica: «Non dovevo nemmeno essere lì»

27/08/2017 di Redazione

«Devono sparire, peggio per loro. Se tirano qualcosa, spaccategli un braccio»: il dirigente di Polizia che ha pronunciato la frase al centro delle polemiche sugli scontri di piazza Indipendenza, parlando con gli amici e i colleghi in questi giorni sta cercando di giustificare quelle parole, che rischiano di rovinargli la carriera. «Non dovevo neppure essere lì, avevo terminato il turno, conterà pure qualcosa aver voluto condividere un momento di difficoltà dei propri uomini?».

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Le parole del dirigente di Polizialo stesso che aveva dato l’ordine di caricare al corteo degli operai della Thyssen nell’ottobre 2014 – sono state dubito censurate dal capo della polizia Franco Gabrielli, che ha subito definito grave l’episodio. E l’intenzione dei «piani alti del Viminale è dare una lezione esemplare a chi abusa della propria divisa», come scritto oggi su Repubblica. Il quotidiano riporta le parole del dirigente di Polizia, di 54 anni, che per quella frase rischia di giocarsi il posto.

«Non dovevo neppure essere lì, ero libero da quel servizio, avevo terminato il mio turno, ma ho sentito dalla radio che i miei uomini in piazza Indipendenza erano in difficoltà e sono intervenuto. Lo so, quella frase è infelice, presa da sola ha un sapore sinistro, ma bisogna contestualizzarla. Rispondevo a un agente che mi raccontava che lui e altri erano stati colpiti da sanpietrini. Mi ha chiesto: e se questi ci tirano addosso qualcosa? Allora gli ho risposto in quel modo, ma bisogna trovarsi nella mischia, in mezzo alla bolgia, esposti a rappresaglie imprevedibili. Bisogna viverli quei momenti per comprendere di cosa stiamo parlando».

Nelle sue parole c’è la stessa autodifesa consegnata a una relazione di servizio arrivata ai piani alti del Viminale, decisi a dare una lezione esemplare a chi abusa della propria divisa. L’orientamento è quello di chiudere in fretta un’istruttoria dagli esiti prevedibili, a sentire i sindacalisti dei funzionari di polizia che hanno esperienza di queste faccende e intuito perfettamente che il vento sembra essere cambiato: probabile un trasferimento o comunque un rallentamento a un percorso di carriera segnato dalle tappe dell’età, 52 anni, e da un curriculum ampio. E segnato anche da qualche precedente che finora non aveva rappresentato alcun inciampo.

I PRECEDENTI DEL DIRIGENTE DI POLIZIA DI PIAZZA INDIPENDENZA

Non ci sono solo gli scontri con gli operai della Thyssen dell’ottobre 2014 nel passato del dirigente di Polizia inchiodato da un video in cui urla ai suoi uomini che sgombravano i rifugiati della casa occupata di via Curtatone a Roma «spezzategli un braccio». Repubblica riferisce che quando lavorava a Livorno «il suo autista rimediò un’ammenda per aver spaccato in testa a una manifestante la radio di servizio. Lesioni colpose, sentenziò il giudice contro una richiesta di condanna a cinque mesi. C’era anche lui in quella mischia in piazza Cavour nel 2012 ma rimase fuori da ogni addebito». Il sindacato e i colleghi, comunque, non sono d’accordo con la rappresentazione del dirigente di Polizia come uno dal manganello facile:

I suoi lo difendono a spada tratta: «Non ci stiamo a farlo passare per un fascista dal manganello facile, quella frase alimenta una distorsione mediatica». E lui stesso, arrivato all’ordine pubblico, dopo trascorsi anche alla scientifica, lo ribadisce agli amici: «Ma davvero pensate che io possa ordinare di bastonare senza un perché?».

«Vogliono inchiodarlo a una frase? – dice Saturno Carbone, segretario generale del Siulp – Ma è un abbaglio. Conosco il collega e so bene che non è un esaltato, è una persona mite, un professionista rigoroso e attento. Certe espressioni vengono fuori ma non hanno mai un senso letterale. Non è che espressioni come quelle possono essere interpretate come un via libera a picchiare, non scherziamo».

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In attesa di conoscere la decisione del capo della polizia, il dirigente affina la propria difesa e concerta con il sindacalista che dovrà affiancarlo nel procedimento disciplinare interno la linea di condotta da tenere. Telefonate, incontri, l’analisi di quanto circola in rete. Un lavoro intenso che a tratti si interrompe per una considerazione e per ribattere sullo stesso punto: «Non sono un violento, ho svolto con grande coscienza il mio lavoro, cerco sempre la mediazione, ma nella mischia ci stanno le parole in libertà così come capita di dover far ricorso alla forza per contrastare un attacco. È quello che si temeva in piazza l’altro giorno, quando un gruppo nutrito di manifestanti si è diretto verso la stazione. In quella situazione l’unico interesse era bloccarli, non potevamo rischiare che la protesta si propagasse. E pensare che non dovevo neppure essere lì, conterà pure qualcosa aver voluto condividere un momento di difficoltà dei propri uomini?»

Foto copertina: ANSA/FERMO IMMAGINE

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