Noi siamo cittadini di Roma

Arrivano in silenzio, a gruppi di cinque, sei. Trolley alla mano, qualche busta della spesa. Stanchi. Stanchissimi. Non hanno voglia di farsi riprendere in video gli abitanti eritrei di via Curtatone, sgomberati ieri da piazza Indipendenza, Roma. Le loro facce sono finite sui giornali di mezzo mondo. Perfino sul Guardian. Davanti agli idranti, sparati su mamme e anziane. Tra la folla di piazza dei Cinquecento, mischiati fra i turisti, mentre gli agenti, guidati da un funzionario che invitava i suoi a spaccare le braccia, li cercavano, uno per uno.

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Ora sono nascosti gli abitanti di via Curtatone. Non sono più a due passi dalla stazione principale della Capitale. Arrivano a piccoli gruppi dietro la stazione Tiburtina per trovare rifugio e una tenda al punto Baobab, una delle tante associazioni romane che si stanno preoccupando dell’accoglienza nella Capitale. Accoglienza che non c’è, latita come latita il Comune, con Virginia Raggi spedita alla commemorazione di Amatrice e l’assessore «alla Persona, Scuola e Comunità solidale di Roma Capitale» Laura Baldassarre, che non posta più su Facebook da ore. Perché è di comunità che si tratta. Gli abitanti di via Curtatone non sono migranti. Nemmeno richiedenti asilo. Quasi tutti hanno il permesso di soggiorno in Italia da tempo. Sono persone che vivono a Roma da anni. Lavorano nella Capitale, tra le bancherelle, i ristoranti, i bar in zona Termini. Vivevano nell’ex sede della Federconsorzi dall’ottobre 2013. Mandano i loro figli a scuola, da sempre. Vanno dallo stesso medico di base dei cittadini del primo municipio.

piazza indipendenza
© Andrea Ronchini/Pacific Press via ZUMA Wire

Per questo quando a loro è stato proposto una casa a Rieti (per 4 mesi e offerta dalla società dell’ex palazzo occupato) e 80 posti divisi tra uno Sprar e un centro di accoglienza di Torre Maura hanno detto no. I bambini dovevano esser strappati dai loro compagni, dalle loro maestre? E chi aveva un lavoro a Termini come faceva? E finiti i quattro mesi che fine facevano? Un centro di accoglienza? Loro per i centri di accoglienza ci sono già passati anni fa. Per questo hanno dormito quattro notti in piazza Indipendenza. Con un occhio chiuso e l’altro aperto («che arrivano le volanti, non si sa mai»). I piccoli e le mamme sono state «accettate» al primo piano del palazzo di via Curtatone. Bloccati in un limbo e di nuovo sgomberati ieri quando gli idranti della polizia sono entrati con prepotenza dentro il palazzo.

guarda il video:

Intersos, che si è preoccupata fin dall’inizio della vicenda, coordina l’assistenza ai minori e alle donne. Man mano che arrivano le persone alla spicciolata qualche volontario spiega che ci sono posti letto, con bagni e docce, in una struttura a parte. Sono pochi ma tanto bastano per i più deboli. Gli uomini possono dormire, temporaneamente, nell’accampamento a due passi da piazzale Spadolini.

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Al Baobab si distribuisce la cena. Un piatto? Ermes, eritreo, fa cenno con la testa di no, poi smuove la mano come per dire che oggi il problema non è certo il cibo. «Mi si è chiuso lo stomaco», parla Jacob, al suo fianco. Sono entrambi in Italia da anni. Uno dal 2006 l’altro dal 2012. Parlano l’italiano molto bene. «Io conosco sei lingue», spiega Ermes che fa qualche lavoro saltuario alle bancarelle. «Inglese, arabo, italiano, tigrino, afar…», spiega. È stanco di stare in Italia. Non ha un ottimo lavoro per questo, non permettendosi un affitto, ha occupato. Sì occupato, come hanno fatto e fanno ancora anche tanti italiani. Quando però Ermes e Jacob arrivarono in Italia, le cose erano più semplici. Jacob ha aspettato solo un paio di mesi per la richiesta d’asilo. Gli eritrei scappavano tutti dalla guerra. Ora sono ritenuti più fortunati. Il ragazzo scorre le foto sul cellulare.  «Guarda – aggiunge – questa è mia moglie. Sta arrivando ora al campo, è con alcuni amici. In questa foto, vedi, porta un dipinto di Gesù tra le mani». Lei e il Cristo in mano in mezzo ai poliziotti. Sorride Jacob. Sorride ancora. Ma la croce degli abitanti di via Curtatone non è finita. Ora però non si vede più. Non è in vetrina davanti ai turisti in arrivo a Termini. Adesso si mischia tra quella di chi è appena arrivato in Italia.

(foto copertina ANSA Angelo Carconi)

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