Così l’Italia lasciò libero il terrorista Youssef Zaghba

07/06/2017 di Redazione

L’italo-marocchino Youssef Zaghba, il terzo terrorista dell’attentato di Londra, è sfuggito attraverso le maglie della giustizia italiana. Il giovane jihadista nato il 26 gennaio 1995 a Fez, infatti, era già stato denunciato nel nostro paese per terrorismo internazionale. Ma il procedimento penale non aveva avuto esito per le insufficienti accuse dei pm.

YOUSSEF ZAGHBA, IN ITALIA DENUNCIATO PER TERRORISMO INTERNAZIONALE

Tutto comincia il 15 marzo 2016, quando Youssef viene fermato per un controllo all’aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna con un solo biglietto di andata per Istanbul. Lo raccontano Carlo Bonini e Fabio Tonacci su Repubblica, citando fonti qualificate di polizia. Ad un agente non passano inosservati l’agitazione del ragazzo e la modestia del suo bagaglio, uno zainetto. Comincia un breve colloquio:

«Che ci vai a fare a Instanbul con un biglietto di sola andata?», chiede l’agente. La risposta di Youssef è tagliente. «Vado a fare il terrorista». Il poliziotto trasecola: «Che hai detto? Il terrorista?». Il ragazzo sorride. «Ma no. Il turista». Della battuta, non ride nessuno. Youssef non sale sul suo aereo per Istanbul.

 

Youssef Zaghba
(Una foto di Youssef Zaghba)

 

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Al giovane vengono sequestrati due cellulari, sette sim, passaporto e carta d’identità che indica la residenza a Castello di Serravalle, dove vive la madre. Viene perquisita anche l’abitazione in provincia di Bologna. Lì viene sequestrato un iPad. Mentre Youssef viene denunciato per terrorismo internazionale, anche perché dalla cronologia di uno dei telefoni spuntano link a pagine di propaganda dell’Isis e della Jihad. Il ragazzo è sospettato di essere un foreign fighter. Viene aperto un procedimento penale di fronte alla Procura di Bologna. Viene assegnato un avvocato d’ufficio, Silvia Moisè. Che riesce a tirare Youssef fuori di guai perché – come dice oggi il legale – «il provvedimento di sequestro era assolutamente lacunoso». Continuano Bonini e Tonacci su Repubblica:

Il 24 marzo di quel 2016, di fronte al collegio del tribunale del riesame di Bologna, composto dai giudici Grazia Nart, Andrea Santucci e Manuela Melloni, la Moisé difende quel ragazzo al meglio. Ha infatti scoperto che nel fascicolo di cui è titolare il procuratore aggiunto Valter Giovannini sono assenti sia la motivazione del decreto di convalida del sequestro, sia, e soprattutto, l’indicazione di qualsivoglia circostanza di fatto in grado di sostanziare l’accusa di terrorismo internazionale. Non una prova o un indizio di legami con gruppi islamisti. Non un’evidenza di voler effettivamente raggiungere la Siria. Il Tribunale le dà ragione. Il decreto di sequestro viene annullato. E, il 5 aprile, a Zaghba vengono restituiti Ipad, cellulari, sim, passaporto e carta di identità. Per giunta, senza che delle memorie di quei telefoni (protetti da codici e password) sia stato ancora possibile fare una “copia forense”. E quindi guardarci dentro. Youssef, insomma, torna ad essere un punto interrogativo. Come la sua vita. I suoi contatti.

A quel punto il futuro attentatore riparte per Londra. Mentre la nostra Polizia e la nostra Intelligence interna non lo mollano. L’Aisi informa i servizi segreti inglesi e quelli marocchini del nome e della storia di Youssef. La Direzione centrale della Polizia di Prevenzione segnala il giovane nel sistema Sis, database dove confluiscono informazioni delle polizie dell’area Schengen. In Italia il ragazzo viene sottoposto a continua sorveglianza. Ogni volta che atterra nel nostro Paese viene fermato e interrogato da agenti della Digos. È accaduto a settembre e dicembre scorso e a gennaio 2017. Poi l’ultimo volo verso la capitale britannica.

(Foto di copertina da archivio Ansa. Credit: Aftonbladet / IBL via ZUMA Wire)

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