La bufala del Tar razzista sullo stop ai direttori stranieri dei musei

25/05/2017 di Redazione

Il Tar non è razzista, e non ha annullato la nomina di cinque direttori stranieri di importanti musei nazionali per ragioni sovraniste, come si legge su numerosi social media. Anche la figuraccia denunciata dal ministro della Cultura Dario Franceschini dovrebbe esser definita con maggior precisione, visto che, almeno secondo il tribunale amministrativo, la pessima figura sarebbe stata fatta dal Governo Renzi. L’annullamento deciso dal Tar è stato spiegato in questo pezzo sui musei di Gianmichele Laino, che sottolineava in un passaggio del suo articolo come la sentenza evidenzia un punto fondamentale: nessuna norma derogatoria, infatti, consentirebbe al ministero di reclutare dirigenti pubblici non italiani. Il Tar del Lazio non ha annullato le nomine dei direttori dei musei solo per il contrasto della legge 104/2014, ma è su questo punto che si è generata la bufala dei giudici amministrativi come sovranisti, razzisti, o altro. Un tipo di propaganda senza alcuna base che pare incentivata dallo spin governativo o PD, vista l’ennesima sconfitta subita davanti alla magistratura, che già aveva definito incostituzionale parte della riforma della PA oppure il ballottaggio dell’Italcum.

COSA HA DECISO IL TAR SUI MUSEI

Il Tar del Lazio ha rimarcato, come nota correttamente la testata online NextQuotidiano, come il decreto del Governo Renzi non possa derogare dalla legge 165/2001, Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. L’articolo 38 di questa legge, approvata tra l’altro proprio all’epoca del centrosinistra al governo, prevede quanto segue.

1. I cittadini degli Stati membri dell’Unione europea e i loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell’interesse nazionale.

(comma così modificato dall’art. 7, comma 1, lettera a), legge n. 97 del 2013)

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni ed integrazioni, sono individuati i posti e le funzioni per i quali non può prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana, nonché i requisiti indispensabili all’accesso dei cittadini di cui al comma 1.

Secondo l’ex ministro della Funzione pubblica Franco Bassanini, che ispirò queste norme, il Tar del Lazio ha interpretato la norma in modo eccessivamente burocratico. Lo deciderà il Consiglio di Stato, a cui Franceschini farà ricorso.

LA SENTENZA DEL TAR SUI MUSEI E L’ACCUSA FALSA DI RAZZISMO

Non si può non notare però come nella legge bocciata dai magistrati amministrativi non ci fosse neppure un esplicito riferimento a direttori di nazionalità straniera, così da rendere ancora più debole decisioni in aperto contrasto col divieto previsto dall’articolo 138 della 165/2001. Ecco un passo della sentenza in merito.

D’altra parte, il chiaro tenore letterale della stessa disposizione speciale di cui all’art. 14, comma 2-bis, qui più volte citata, come appare evidente dal semplice confronto tra il primo ed il secondo periodo, non consente diverse interpretazioni.
Il carattere “internazionale” è previsto dal primo periodo solo in relazione agli “standard” che devono essere perseguiti dal MIBACT in materia di musei (nell’esercizio della relativa potestà regolamentare a tal fine espressamente attribuitagli dalla norma stessa), ma non anche in relazione alle “procedure di selezione pubblica”, previste dal secondo periodo per il conferimento degli incarichi di direzione dei poli museali e degli istituti di cultura statali di rilevante interesse nazionale.Se infatti il legislatore avesse voluto estendere la platea degli aspiranti alla posizione dirigenziale in esame ricomprendendo anche cittadini non italiani lo avrebbe detto chiaramente, per come è dimostrato dal chiaro tenore di cui al primo periodo della citata previsione. Il perseguimento degli “standard internazionali”, secondo le chiare intenzioni del legislatore (che non possono essere derogate dalla normativa sottordinata), si ottiene evidentemente migliorando gli aspetti sostanziali e contenutistici dell’offerta museale italiana, appunto rapportandola e adeguandola agli analoghi servizi offerti dai migliori istituti di altri Paesi (in termini, ad esempio, di ampia fruibilità anche nei giorni festivi o nelle ore serali, di efficienza e rapidità di accesso da parte della platea dei visitatori, di miglioramento del rapporto costi/ricavi, di adeguamento delle strutture e delle risorse umane, ecc.), non certamente con interventi formali e di immagine.

In conclusione. Il Tar non ha annullato le nomine perché è contrario agli stranieri come dirigenti della Pubblica amministrazione italiana, ma perché così dice la normativa del nostro Paese che nessun Governo finora ha cambiato. Allo stesso modo la legge del Governo Renzi non ha fatto neppure esplicito riferimento alla possibilità che un simile incarico potesse esser assunto da persone non italiane. Il Consiglio di Stato potrebbe modificare questa interpretazione restrittiva che ha dato al Tar, ma il razzismo non c’entra nulla.

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