Una multinazionale vuole far chiudere Greenpeace: causa da 200 milioni di euro

Greenpeace è stata citata davanti a un tribunale degli Stati Uniti con questa richiesta di indennizzo da Resolute Forest Products, multinazionale del legname, per 200 milioni di euro. L’associazione ha dato voce a chi chiedeva di adottare politiche sostenibili di taglio della foresta in Canada ma si è scontrata con la multinazionale.

Riporta Repubblica:

La cifra è ovviamente simbolica perché l’associazione ambientalista non è in grado di pagarla. In sostanza il colosso del legname chiede la chiusura di una voce storica dell’ambientalismo. E lo fa utilizzando una norma ideata per combattere la mafia. Greenpeace è stata accusata presso la Corte distrettuale della Georgia del Sud di diffamazione e di violazione della Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act, la legge Rico, una norma promulgata da Nixon nel 1970 per combattere il crimine organizzato.

La decisione della Resolute segna dunque una svolta dei rapporti tra mondo produttivo e ambientalismo che ha il segno dell’era Trump. Fino a oggi le aziende chiamate in causa per la loro azione inquinante avevano intavolato una trattativa con la controparte che nella maggior parte dei casi si era conclusa con un vantaggio reciproco: gli ambientalisti avevano incassato il miglioramento delle politiche, le aziende avevano ottenuto un ritorno di immagine e spesso un aumento di efficienza. Adesso si è arrivati al muro contro muro.

RESOLUTE CONTRO GREENPEACE:: STORIA DI UNA BATTAGLIA LEGALE

Resolute Forest Products è la principale società canadese del settore del legno e della carta. Sta in Canada, a Montreal, e fornisce la carta, i libri di tutto il paese (e non solo). Per garantire la sua produzione – secondo Greenpeace – si sfruttano vaste aree della foresta boreale canadese, violando i diritti delle popolazioni indigene e demolendo l’habitat delle specie animali.

Secondo la multinazionale, invece, è Greenpeace ad esser accusata di frode perché ha invitato a donare soldi per cause sbagliate. Dalla sua parte la società afferma di aver piantato un miliardo di alberi nelle aree boreali e che la scomparsa delle foreste è data dall’urbanizzazione crescente non dalle sue attività.
Resolute ci riprova: già nel 2013 aveva citato per diffamazione Greenpeace Canada davanti alla Corte superiore dell’Ontario chiedendo un indennizzo di 5 milioni di euro. E non è andata benissimo perché – come ricostruisce Repubblica – la Corte d’appello dell’Ontario ha definito scandalose della multinazionale.

(in copertina foto ANSA/US/Andrew Wright)

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