Consip, la telefonata di Matteo Renzi al papà Tiziano: «Non dire bugie, non ti credo»

16/05/2017 di Redazione

Oggi il Fatto Quotidiano pubblica il contenuto di una telefonata intercettata tra Matteo Renzi e il padre Tiziano durante la quale i due parlano dell’inchiesta Consip. Nel corso della conversazione, avvenuta la mattina del 2 marzo scorso, l’ex premier invita il papà (indagato per traffico di influenze illecite) a «non dire bugie» e gli chiede quante volte si sia incontrato con l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo.

TELEFONATA TRA MATTEO RENZI E IL PADRE TIZIANO SU CONSIP

L’intercettazione è un’anticipazione del libro di Marco Lillo ‘Di padre in figlio’ (edito da Paper First) che uscirà tra due giorni. Scrive il giornalista:

È Matteo che chiama al telefono il padre. Sa che rischia di essere intercettato e non a caso dice cose da manuale di educazione civica tipo: “Babbo devi dire tutta la verità ai magistrati”. Però qua e là nella conversazione esce fuori l’animo “familista” del leader del Pd. Come quando suggerisce di non rivelare che a un ricevimento con alcuni imprenditori era presente anche sua madre, Laura Bovoli. Durante la chiamata emerge chiaramente la sfiducia di Matteo verso Tiziano: il figlio teme che il padre possa mentire anche a lui. Non solo all’Italia e ai pm. Renzi in quel momento non è più premier né deputato. È solo un figlio infuriato con il padre che rischia di rovinargli la carriera politica.

Appena Tiziano risponde al telefono il figlio gli fa: “Non puoi dire che non conosci Mazzei perché lo conosco anche io”. Matteo Renzi è terrorizzato dall’interrogatorio che si terrà il giorno dopo a piazzale Clodio. Dice al padre che “è una cosa molto seria” e gli intima: “Devi ricordarti tutti gli incontri e i luoghi, non è più la questione della Madonnina e del giro di merda di Firenze per Medjugorje”. Tiziano, che è devoto alla Madonna e crede nelle sue apparizioni, lo ferma: “Non devi dire così” ma il neo segretario del Pd in quel momento se ne frega del santuario, dell’Erzegovina e dei pellegrinaggi e Poi Matteo arriva al dunque: “È vero che hai fatto una cena con Romeo?”. La risposta non è netta ma sibillina. I carabinieri nel brogliaccio annotano: “Tiziano dice di no e che le cene se le ricorda ma i bar no”. Cioè, Tiziano Renzi nega un incontro al ristorante (“la bettola”) come è stato riferito ai pm e ai giornali da Mazzei che a sua volta l’aveva appreso da Romeo in persona. Però, se il no sui ristoranti è netto, non lo è altrettanto quello su un possibile incontro con l’imprenditore campano in un bar.

Segue uno scambio in cui Matteo Renzi ribadisce di non credere a quanto sostiene il padre e gli chiede di non tirare in ballo la madre («altrimenti interrogano anche lei»). «Matteo ascolta: io non ho mai incontrato Romeo. Fidati», dice Tiziano Renzi. «Non ti credo», gli risponde il figlio. «Devi immaginarti cosa può pensare il magistrato. Non è credibile che non ricordi di avere incontrato uno come Romeo, noto a tutti e legato a Rutelli e Bocchino», è un’altra frase di Matteo. Tiziano prova a ricordare qualche incontro. Il figlio lo incalza: «Hai incontrato Matteo in un’altra situazione?». Il padre ribadisce di non ricordare. Matteo manifesta il suo disappunto con una cupa previsione: «Andrai a processo, ci vorranno tre anni e io lascerò le primarie». E infine: «Io non
voglio essere preso in giro e tu devi dire la verità in quanto in passato la verità non l’hai detta a Luca e non farmi aggiungere altro. Devi dire se hai incontrato Romeo una o più volte e devi riferire tutto quello che vi siete detti».

RISPOSTA DI MATTEO RENZI SULLA TELEFONATA CON IL PADRE TIZIANO SU CONSIP

La replica di Matteo Renzi alla pubblicazione dell’intercettazione non si è fatta attendere.  «Questa mattina – ha scritto il segretario Pd su Facebook – Il Fatto pubblica con grande enfasi delle intercettazioni tra me e mio padre. Nel merito ribadiscono la mia serietà visto che quando scoppia lo scandalo Consip chiamo mio padre per dirgli: ‘Babbo, questo non è un gioco, devi dire la verità, solo la verità’». E ancora: «Politicamente le intercettazioni mi fanno un regalo. La pubblicazione è come sempre illegittima. Ma non ho alcun titolo per lamentarmi: non sono il primo a passare da questa gogna mediatica. Anzi: ad altri è andata peggio. Qualcuno si è tolto la vita, qualcuno ci ha rimesso il lavoro».

 

 

FASCICOLO DELLA PROCURA PER VIOLAZIONE DEL SEGRETO ISTRUTTORIO

Intanto in relazione all’intercettazione pubblicata dal Fatto la procura di Roma ha aperto un fascicolo per violazione del segreto istruttorio e per pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale.

(Foto: ANSA / RICCARDO ANTIMIANI)

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