Migrante nigeriano ucciso a Fermo, Amedeo Mancini torna in libertà

13/05/2017 di Redazione

È tornato in libertà Amedeo Mancini, il 40enne ultrà della Fermana accusato per la morte di Emmanuel Chidi Nnamdi, il migrante nigeriano deceduto a Fermo dopo una violenta aggressione per strada il 5 luglio scorso. A gennaio Mancini ha patteggiato la pena a 4 anni davanti al gip di Fermo. Ora il gip ha revocato gli arresti domiciliari e lo ha rimesso in libertà. A luglio 2016 era stato arrestato con l’accusa di omicidio. Per lui resta solo l’obbligo di firma giornaliera presso i carabinieri.

MIGRANTE UCCISO A FERMO, AMEDEO MANCINI IN LIBERTÀ

La lite tra era scoppiata Mancini perché aveva gridato «scimmia» alla compagna del migrante nigeriano. Emmanuel, rifugiato politico, aveva 36 anni. Con la 24enne Chinyery era fuggito dalle violenze di Boko Haram. In Italia la coppia aveva trovato ospitalità presso il seminario arcivescovile di Fermo. La loro viaggio verso l’Europa era stato terribile. I due erano arrivati nella città marchigiana a settembre 2015. Erano fuggiti dal loro paese dopo l’assalto a una chiesa. Nell’esplosione avevano perso la vita i loro genitori e una figlioletta. Prima di sbarcare a Palermo, Emmanuel e Chinyery avevano attraversato la Libia, dove erano stati anche aggrediti e picchiati da malviventi del posto. Durante la traversata, Chinyery aveva abortito.

 

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Repubblica ricorda che delle tre aggravanti contestate a Mancini era stata ritenuta insussistente quella dei motivi abietti e futili, e mantenuta quella razziale, anche se con una rilevanza concreta «poco più che simbolica». Riconosciuta anche l’attenuante della provocazione. Gli avvocati spiegano che la pena non potrà in ogni caso scendere sotto i 4 anni:

“Amedeo Mancini attenderà da libero il 28 novembre il verdetto della Cassazione, che dirà se l’aggravante ‘razziale’ sia compatibile o meno con la riconosciuta attenuante della provocazione”, hanno spiegato gli avvocati Francesco De Minicis e Savino Piattoni, commentando la revoca degli arresti domiciliari. “Qualunque sia la decisione, essa comunque non determinerà alcuna diminuzione della pena patteggiata a quattro anni”, sottolineano i legali. “Potrà però avere importanza sul piano generico e giuridico, alla luce della motivazione con cui la sentenza del giudice concordò con il riconoscimento della provocazione, con la massima diminuzione di pena possibile”.

Gli avvocati fanno poi sapere che dopo il verdetto della Cassazione Mancini si rivolgerà al Tribunale di Sorveglianza che potrebbe anche consentirgli di scontare la pena residua attraverso l’affidamento in prova ai servizi sociali.

(Foto: ANSA / ALESSANDRA MASSI)

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