Cosa c’entra la mafia con quello che mangi?

14/03/2017 di Redazione

Il volume d’affari complessivo annuale delle agromafie è salito a 21,8 miliardi di euro, i crescita del 30% rispetto ai 12 mesi precedenti. È quanto emerge dal Rapporto #Agromafie2017 elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, presentato stamattina presso la sede Coldiretti di via XXIV maggio a Roma. La stima, come osservano i curatori del rapporto, «rimane, con tutta probabilità, ancora largamente approssimativa per difetto, perché restano inevitabilmente fuori i proventi derivanti da operazioni condotte ‘estero su estero’ dalle organizzazioni criminali, gli investimenti effettuati in diverse parti del mondo, le attività speculative attraverso la creazione di fondi di investimento operanti nelle diverse piazze finanziarie, il trasferimento formalmente legale di fondi attraverso i money transfer».

 

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AGROMAFIE, RICICLAGGIO

Tra tutti i settori agromafiosi «quello della ristorazione è probabilmente il comparto più tradizionale. In alcuni casi le mafie possiedono addirittura franchising e catene di ristoranti. Il business dei profitti criminali reinvestiti nella ristorazione coinvolgerebbe oltre 5mila locali, con una più capillare presenza a Roma, Milano e nelle grandi città». «Sul fronte della filiera agroalimentare – spiega la Coldiretti -, le mafie, dopo aver ceduto in appalto ai manovali l’onere di organizzare e gestire il caporalato e altre numerose forme di sfruttamento, condizionano il mercato stabilendo i prezzi dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento, il controllo di intere catene di supermercati».

AGROMAFIE, FURTI

«Nel 2016 – aggiunge ancora l’organizzazione – si è registrata un’impennata di fenomeni criminali nel settore agricolo. Quasi quotidianamente ci sono furti di trattori, falciatrici e altri mezzi agricoli, gasolio, rame, prodotti e animali, con un ritorno prepotente dell’abigeato. Raid capaci di mettere in ginocchio un’azienda, specie se di dimensioni medie o piccole, con furti di interi carichi di olio o frutta, depositi di vino o altri prodotti come alveari, mandrie o trattori».

AGROMAFIE, RACKET E DANNEGGIAMENTI

«A questi reati contro l’agricoltura – denuncia la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura -, si affiancano racket, usura, danneggiamento, pascolo abusivo, estorsione, mentre nelle città, silenziosamente, i tradizionali fruttivendoli e i fiorai sono quasi completamente scomparsi, sostituiti i primi da egiziani e i secondi da indiani e pakistani che controllano ormai gran parte delle rivendite attive sul territorio». «Si direbbe un vero miracolo all’italiana, affiancato però dal dubbio – osserva la Coldiretti – che tanta efficacia organizzativa possa anche essere il prodotto di una recente vocazione mafiosa per il marketing».

«Le agromafie vanno contrastate nei terreni agricoli, nelle segrete stanze in cui si determinano in prezzi, nell’opacità della burocrazia, nella fase della distribuzione di prodotti che percorrono centinaia e migliaia di chilometri prima di giungere al consumatore finale, ma soprattutto con la trasparenza e l’informazione dei cittadini che devono poter conoscere la storia del prodotto che arriva nel piatto», ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che «per l’alimentare occorre vigilare sul sottocosto e sui cibi low cost dietro i quali spesso si nascondono ricette modificate, l’uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione alternativi se non l’illegalità o lo sfruttamento».

(Foto da archivio Ansa)

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