Vitalizi dei parlamentari, su cosa si scontrano Pd e Movimento 5 Stelle

28/02/2017 di Redazione

La politica è tornata negli ultimi giorni ad interrogarsi sull’opportunità di modificare le norme in vigore su vitalizi e trattamento pensionistico dei parlamentari. A tenere alta l’attenzione sul tema delle rendite e delle pensioni di deputati e senatori è in particolare un aspro confronto tra maggioranza e opposizione e in particolare tra i due principali partiti. Sia Pd che Movimento 5 Stelle sono intenzionati a tagliare ancora i trattamenti economici che gli inquilini di Montecitorio e Palazzo Madama ricevono oltre il loro mandato parlamentare, ma avanzano proposte diverse.

VITALIZI PARLAMENTARI, COSA SONO

Per confrontarle va innanzitutto fatta una distinzione, tra i vecchi vitalizi e le nuove pensioni dei parlamentari. Nel 2012, con la riforma dei Regolamenti interni di Camera e Senato, è stato abolito l’assegno vitalizio di deputati e senatori che esisteva dalla prima legislatura del Parlamento repubblicano. Al suo posto  è stato istituito un sistema di tipo previdenziale. I parlamentari eletti per la prima volta dopo la riforma (sono compresi quindi tutti i deputati e i senatori entrati per la prima volta a Montecitorio o Palazzo Madama nel 2013) hanno diritto a una pensione interamente calcolata con il sistema contributivo, che ha però regole differenti diverse a quelle dei lavoratori dipendenti. I parlamentari cessati dal mandato prima del 2012 hanno invece continuato a percepire i vecchi vitalizi. Un caso a parte è quello rappresentato da deputati e senatori cessati dal mandato prima del 2012 e che sono stati poi rieletti, ai quali viene applicato, in base alle norme in vigore, un sistema misto, basato in parte sulla quota di vitalizi effettivamente maturata fino al 2011 e in parte sulla quota calcolata con il nuovo sistema contributivo.

Il dritto alla pensione viene conseguito oggi dai parlamentari a 65 anni se si è esercitato il mandato per almeno 5 anni. Ma i deputati di prima nomina maturano il diritto alla pensione dopo 4 anni, 6 mesi e un giorno dalla proclamazione, quindi 6 mesi prima della fine della scadenza naturale della legislatura.

 

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VITALIZI PARLAMENTARI, PROPOSTA PD

La principale proposta del Pd è rappresentata dal disegno di legge depositato alla Camera n. 3225, a prima firma di Matteo Richetti, finalizzato ad abolire ogni forma di vitalizio e ad estendere a parlamentari e consiglieri regionali il trattamento previdenziale vigente per i lavoratori dipendenti. In sostanza la proposta vuole ancorare le pensioni degli eletti a quelle della maggior parte degli italiani. La pdl prevede, nel dettaglio, l’introduzione di un sistema previdenziale identico a quello dei lavoratori dipendenti e la sua estensione a tutti gli eletti, compresi quelli che oggi beneficiano del vecchio vitalizio, in modo da abolire definitivamente quei trattamenti (in essere) diventati simbolo di un sistema iniquo. Al nuovo regime valido per i parlamentari e per la generalità dei lavoratori vengono adeguati anche i vitalizi e il trattamento pensionistico dei consiglieri regionali. Le norme prevedono l’istituzione presso l’Inps di un’apposita gestione separata (dotata di autonomia finanziaria contabile e di gestione) dei fondi destinati al trattamento previdenziale dei parlamentari. La proposta, se approvata, rappresenterebbe una novità anche per il fatto che per la prima volta si interviene su una materia da sempre disciplinata, come è avvenuto anche nel 2012, dai Regolamenti interni degli organi parlamentari. La proposta di legge di Richetti è stata presentata alla Camera il 9 luglio 2015 ed è stata trattata in Commissione fino a maggio 2016 (iter poi sospeso) congiuntamente con altri 7 testi.

VITALIZI PARLAMENTARI, PROPOSTA M5S

Il Movimento 5 Stelle preferirebbe percorrere la vecchia strada dei Regolamenti di Camera e Senato. Per i pentastellati per riformare il trattamento pensionistico dei parlamentari rendendolo identico a quello di milioni di lavoratori dipendenti basterebbe una decisione degli uffici di presidenza della Camera e Senato. Il M5S critica la via della proposta di legge indicata dal Pd per i tempi di approvazione più lunghi. I parlamentari del Movimento chiedono di approvare nuove norme quanto prima, prima soprattutto della scadenza del 15 settembre (quando scatteranno i 4 anni e 6 mesi di legislatura per ottenere il trattamento pensionistico). Stamattina, ad esempio, esponenti M5S hanno incontrato il presidente del Senato Pietro Grasso per consegnargli la delibera che vorrebbero vedere a breve approvata dall’Ufficio di presidenza di Palazzo Madama. Il regolamento indicato dai pentastellati entrerebbe in vigore il giorno successivo alla data di approvazione e le disposizioni contenute si applicherebbero anche ai parlamentari della legislatura in corso. Il trattamento previdenziale dei parlamentari verrebbe determinato con il metodo di calcolo prevista dalla legge Dini. Verrebbe infine applicata anche la legge Fornero: i parlamentari maturerebbero il diritto alla pensione secondo le norme previste dal fondo al quale sono iscritti.

VITALIZI PARLAMENTARI, SCONTRO M5S

Il Movimento 5 Stelle critica la proposta del Pd sostenendo una volontà della maggioranza di prendere tempo e non voler arrivare ad una soluzione su una questione che molto interessa l’opinione pubblica. Il Pd accusa i 5 Stelle di voler mettere mano ad una materia che riguarda anche l’Inps con una semplice delibera degli ufficio di presidenza di Camera e Senato, e non con una legge, come invece secondo i Dem sarebbe giusto. I Democratici sottolineano che solo una legge può spostare i contributi dei parlamentari per porli in carico all’Inps. L’iniziativa del M5S viene considerata demagogica, velleitaria, e in qualche caso solo un copia-incolla mal riuscito del disegno di legge Richetti. I parlamentari del Pd sottolineano che la loro proposta riguarda anche i consiglieri regionali e non solo deputati e senatori.

(Foto: ANSA / GIUSEPPE LAMI)

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