La vera storia di Juncker e delle sue dimissioni smentite

20/02/2017 di Andrea Mollica

Jean-Claude Juncker non si dimetterà, e completerà il suo mandato fino al 2019. Il presidente della Commissione UE ha smentito attraverso la sua portavoce Mina Andreeva le indiscrezioni pubblicate oggi da La Repubblica. In un articolo firmato da Alberto D’Argenio si annunciavano come imminenti le dimissioni di Juncker, motivate dalla insofferenza verso l’indebolimento dell’unificazione europea. La causa scatenante l’addio sarebbe, per La Repubblica, l’ostilità di diversi Governi importanti, in primis Germania e Paesi Bassi, al Libro bianco per il rilancio dell’Unione europea che la sua Commissione sta elaborando per la firma del sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma. Repubblica ha citato inoltre due possibili candidati alla successione di Juncker: il vicepresidente popolare Jyrki Katainen, oppure il numero 2 di Juncker, il socialista olandese Frans Timmermans. La nomina di uno dei due sarebbe avvenuta in un Consiglio europeo straordinario a inizio aprile, anche se per l’elezione serve in realtà un voto di fiducia del Parlamento UE. La portavoce di Juncker ha rafforzato la smentita evidenziando come il presidente Juncker sia motivato come il primo giorno, anche grazie alla sua indipendenza dai Governi. L’ex premier lussemburghese ha ribadito nei giorni scorsi la sua intenzione di svolgere un solo mandato alla guida dell’esecutivo UE, una promessa già lanciata nel 2014 e riconfermata durante la Conferenza di Monaco. L’indiscrezione de La Repubblica nasce probabilmente dall’incomprensione sull’addio annunciato di Juncker: nel corso della storia europea il doppio mandato da presidente non è una consuetudine. Solo il primo, il tedesco Hallstein, il francese Delors e il portoghese Barroso, predecessore proprio di Juncker. L’ex premier lussemburghese è un convinto federalista, ed è stato il primo presidente eletto in base al voto popolare: Juncker era il candidato di punta della lista del Ppe, il primo gruppo del Parlamento europeo. Il suo approccio favorevole a una accelerata integrazione europea aveva spinto diversi premier a opporsi alla sua candidatura, come l’olandese Mark Rutte, appoggiata dopo diverse esitazioni da Angela Merkel. Proprio Katainenen era il candidato più apprezzato dalla cancelliera. Juncker ha interpretato il ruolo di presidente della Commissione con un accentuato ruolo politico, più propenso a scontrarsi coi Governi rispetto al suo predecessore Barroso. La scadenza del suo mandato tra poco più di 2 anni e l’annunciata rinuncia a una seconda presidenza sembrano però essere ragioni sufficienti per credere che le voci sulle sue dimissioni repentine fossero poco convincenti. I socialisti sicuramente spingono per un riequilibrio nei tre incarichi apicali dell’UE – le presidente di Commissione, Parlamento e Consiglio europeo – ora tutte in mano ai popolari. Il Ppe guidato da Merkel sicuramente non è entusiasta di Juncker, dopo che il presidente ha concesso una flessibilità giudicata eccessiva ai Paesi, in primis Italia e Francia guidati da esponenti socialisti, con conti pubblici non in ordine.

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