PD, la scissione si avvicina tra rancori e accuse

16/02/2017 di Redazione

Il PD si sta per dividere. L’impressione che si ricava dalle dichiarazioni dei suoi esponenti e dai resoconti dei principali giornali è che il distacco tra Matteo Renzi e diversi leader della sinistra italia sia sempre più vicina. L’ex presidente del Consiglio ha annunciato attraverso la sua newsletter che presenterà la sua mozione congressuale al Lingotto di Torino a inizio marzo. Una tempistica che conferma come Renzi non sia disponibile a rinunciare alle primarie primaverili per riottenere una legittimazione della sua leadership prima delle amministrative 2017. Per gli altri candidati al congresso PD, Michele Emiliano, Roberto Speranza ed Enrico Rossi, questa prospettiva è inaccettabile. Come chiarito da Pierluigi Bersani, al Partito Democratico serve una discussione politica vera, che non può avvenire in tempi brevi. La novità di questi ultimi giorni, che seguono la direzione nazionale di lunedì scorso, sono le posizioni ostili a Renzi, in modo diverso, di Enrico Rossi e Andrea Orlando. Il presidente della Toscana organizzerà un incontro di lancio della sua candidatura sabato 18 febbraio, a cui parteciperanno anche Michele Emiliano e Roberto Speranza. Se l’assemblea nazionale non modificherà il percorso congressuale voluto da Renzi, ci sarà la scissione lunedì 20 febbraio, il giorno successivo alla riunione dell’organismo di partito.

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Andrea Orlando ha proposto una modifica al percorso congressuale, chiedendo di lanciare una conferenza programmatica collocata tra le votazioni nei circoli e le primarie. Una mediazione condivisa da ex DS importanti come Nicola Zingaretti, Piero Fassino e Maurizio Martina, che però non sembra capace di convincere la minoranza a rientrare. Il ministro della Giustizia è tentato dalla candidatura alla segreteria nazionale, in contrapposizione a Renzi, ma ha bisogno di ridefinire un profilo meno legato al Governo, dopo averne fatto parte, condividendo le scelte del segretario. Orlando ha nel frattempo messo in netta minoranza Matteo Orfini. Il presidente del PD è ormai schierato fedelmente a Renzi, e ritiene persino possibile che diversi parlamentari dei Giovani Turchi escano dal partito, come scrive Tommaso Labate sul Corriere della Sera. Orlando ovviamente non si candiderebbe contro Renzi se Bersani, D’Alema, Emiliano e Rossi usciranno dal PD, per formare un nuovo partito di sinistra. Probabilmente sarebbe tentato di uscire anche lui, vista la sofferenza del mondo diessino a cui fa riferimento. L’uomo chiave per fermare la scissione appare Dario Franceschini: il ministro della Cultura ha fatto un patto con Renzi che al momento non appare in grado di risolvere la crisi nel PD. Franceschini ha confermato il suo appoggio al segretario, in cambio di un prolungamento dell’esperienza di governo di Gentiloni. Se il ministro della Cultura rompesse con Renzi, nel PD la partita si potrebbe riaprire. Il documento che concede al tesoriere Bonifazi, fedelissimo del segretario, la tutela legale del simbolo appare uno dei tanti segni dell’indisponibilità di Renzi ad accettare nuove mediazioni.

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