San Valentino e la pubblicità sulla lavatrice in offerta che fa discutere tutti

«A San Valentino mettila a 90 gradi». Recita così un cartellone pubblicitario apparso in Calabria che sta facendo discutere sui social.

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SAN VALENTINO PUBBLICITA’ CHOC: L’INTERROGAZIONE DI SINISTRA ITALIANA

A lanciarlo la catena di negozi di elettronica, Keyaku, sotto le polemiche a Cosenza per i manifesti giudicati sessisti. I parlamentari di Sinistra Italiana – primi firmatari la deputata calabrese Celeste Costantino e Nicola Fratoianni – hanno presentato un’interrogazione al presidente del Consiglio Gentiloni affinché palazzo Chigi attivi subito un’istruttoria dell’Unar nei confronti dell’azienda.

Lo slogan- secondo i parlamentari – gioca su un «doppio senso piuttosto esplicito». «Questa azienda – aggiungono – non è nuova a questo tipo di ‘strategia’ di marketing: che si tratti di uno smartphone o di un elettrodomestico, sui manifesti 6×3 campeggiano sempre riferimenti maliziosi al sesso». «Sulla vicenda lo stesso sindaco della città di Cosenza – ricordano gli esponenti di Sinistra Italiana – ha provveduto a far oscurare i manifesti in oggetto, e la reazione dell’azienda è stata quella di denunciare per abuso di ufficio il primo cittadino della città calabrese. Messaggi di questo tipo anche se commerciali o giocati su discutibili doppi sensi – affermano – sono assolutamente pericolosi, di pessimo gusto, da evitare nella maniera più assoluta».

SAN VALENTINO PUBBLICITA’ CHOC: LA VERSIONE DELL’AZIENDA

Keyaku rigetta le accuse e controquerela il sindaco di Cosenza. «Premettendo che in tali manifesti non era presente alcuna raffigurazione oscena – spiegano sui social – e tantomeno osceno può intendersi, nel pieno rispetto della normativa vigente, quello che potrebbe essere inteso come un doppio senso, lasciato alla libera interpretazione del lettore (la malizia è negli occhi di chi legge), abbiamo dato mandato al nostro ufficio legale al fine di depositare querela presso la Procura della Repubblica di Cosenza nei confronti del Sindaco, per il gravissimo abuso commesso».

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