Il National Geographic e la copertina con la bambina transgender

Il National Geographic per gennaio 2017 aprirà, per la versione cartacea in inglese, con un approfondimento sulla ricerca gender. In copertina ci sarà l’attivista Avery Jackson, una bambina di 9 anni, transgender. Il numero si intitola Gender Revolution ovvero “Rivoluzione del genere” e uscirà il 27 dicembre in edicola.

LEGGI ANCHE: Bufera su Zara Ungendered: la linea di vestiti accusata di sessismo

NATIONAL GEOGRAPHIC E LA COPERTINA SUL GENDER: POLEMICA DALL’AVVENIRE

All’interno tanti articoli sulla questione di genere: dall’educazione dei bambini fino al fenomeno degli stereotipi. C’è già chi protesta per la scelta del National Geographic. Avery Jackson è una bimba nata sotto il genere maschile. Ha documentato su Youtube la sua transizione di genere. In Italia a protestare è Avvenire che parla di bimbi «sbattuti in prima pagina per la propaganda transgender». Il giornale cattolico precisa che i disturbi della «differenziazione sessuale» sono quelli dei bimbi nati con organi genitali non pienamente sviluppati. Casistica che si verifica per un neonato su cinquemila. Secondo l’Avvenire il giornale scientifico parla di «50 generi che Facebook permette ai suoi utenti di selezionare». «Bisognerebbe avere un approccio medico-scientifico che il National Geographic non ha fatto o, peggio, non ha voluto fare. Ci si troverebbe di fronte ad un’operazione propagandistica bella e buona».

Obiettivo condivisibile, ma per mostrare comprensione è necessario pubblicare decine di foto senza censura di bambini afflitti da problemi di differenziazione sessuale? Le immagini, bellissime e drammatiche, sono una sorta di giro del mondo dell’infanzia transgender. Bambini della Repubblica domenicana, di Samoa, del Canada, di Tonga, del Messico, della Nigeria. E, naturalmente, tanti piccoli statunitensi, tutti alle prese con varie patologie di genere. Nei testi che accompagnano le immagini si fa notare che il numero di questi bambini è sensibilmente aumentato negli ultimi anni. Perché sarebbero sempre più numerose – ma non ci sono dati scientifici su questo incremento – le persone che «non hanno un genere convenzionale ». E fino a pochi anni fa «non avevano neppure un nome». Oggi invece il lessico transgender si è straordinariamente arricchito. «Si può parlare di transgender, cisgender, gender non conforming, genderqueer, a–gender e – spiega National Geographic – di tutti gli altri 50 generi che Facebook permette ai suoi utenti di selezionare». Passaggio che – nella sua banalità – svela tutto il carico propagandistico dell’operazione.

Share this article