Firme false Palermo: spunta l’ipotesi sospensione per i deputati 5 stelle coinvolti

«Mi avvalgo della facoltà di non rispondere». I deputati nazionali coinvolti nel caso delle firme false a Palermo per le comunali 2012 non rispondono ai pm. Questa la linea seguita da Claudia Mannino. Un silenzio che manterrà probabilmente anche il collega Riccardo Nuti, mentre la loro fedelissima, Samantha Busalacchi, un tempo favorita come candidata sindaco alle prossime comunali palermitane, non parla.

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SICILIANI ISOLATI: NESSUN PASSO INDIETRO A MONTECITORIO

Il silenzio è l’ultima arma che la falange sicula usa su una inchiesta che rischia di travolgere il Movimento 5 stelle a livello nazionale. Una assenza di comunicazioni (specialmente sulla linea da mantenere) che si palesa anche a Roma, specialmente nelle ultime settimane, quando Milano ha invitato i deputati coinvolti a fare un passo indietro. E invece no. Nuti, Mannino e compagnia varia non si muovono. Niente autosospensione. E sopratutto nessuna comunicazione sul da farsi. Anche tra colleghi. Gli inviti e le richieste cadono nel vuoto in un clima di tensione che vede i siciliani sempre più isolati dai colleghi romani. Mentre gli indagati salgono a 13 (ora tra gli iscritti figura anche la deputata Giulia Di Vita) qualcosa sembra essersi spezzato in quel di Montecitorio.

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ARS E DEPUTATI M5S: DUE LINEE DIVERSE SULLO STESSO CAOS

Già, perché come gradirebbero gli ortodossi sarebbe meglio parlare o perlomeno autosospendersi per salvare «meet up e legame col territorio». Il deputato regionale del Movimento cinque stelle Giorgio Ciaccio, ad esempio, è stato interrogato dai Pm di Palermo, raccontando ai magistrati tutti i particolari della vicenda. Ciaccio, che si era autosospeso, ha confermato il racconto della collega dell’Ars Claudia La Rocca, che si era auto accusata e aveva fatto il nome degli altri grillini coinvolti.  La linea dei deputati Ars stride con quella attuata dai deputati nazionali. Ad esempio Mannino e suo marito Pietro Salvino (attivista anche lui coinvolto nella vicenda) si sono rifiutati di sottoporsi al saggio grafico della firma per confrontarla con quelle apposte sulla lista. Due facce e due reazioni della stessa medaglia che ora però stanno facendo innervosire Roma. «La verità – spiegano dai corridoi M5S – è che se Gianroberto fosse stato vivo la questione si sarebbe risolta in altro modo». Beppe Grillo e il suo appello, lanciato via blog e ignorato, non ha sortito gli effetti sperati. Il leader genovese sembra troppo legato a Giancarlo Cancellieri, fratello della deputata Azzurra e presidente del gruppo M5S all’Ars, e pare non spingere ancora verso la rottura con i deputati coinvolti. Cosa che invece rischia di diventare sempre più concreta tra i palazzi romani. Anche perché la fotografia è impietosa. Gli attivisti siculi sono in rivolta. «Alcuni hanno perso i collegamenti con il loro territorio, non saranno mai rieletti», spiegano. Così se non ci pensa il leader a scalzare gli indagati potrebbero pensarci i colleghi romani: magari con una assemblea, come quelle di una volta, con tutti i deputati pronti a un voto di sfiducia o con una azione dei proibiviri. «Noi abbiamo invitato all’autosospensione, se non lo faranno, prenderà provvedimenti il M5S», ha spiegato ieri Luigi Di Maio a L’Arena. L’arma sta dentro il cassetto, chiusa, in attesa dell’esito del referendum del 4 dicembre. Una soluzione finale, fatta a malincuore e non facile per il gruppo 5 stelle a Roma. Opzione che Beppe Grillo sembra ancora non voler usare.

(in copertina foto ANSA/GIUSEPPE LAMI)

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