Cranio Randagio, per il pm non ci fu omissione di soccorso

28/11/2016 di Giordano Giusti

Nuovi sviluppi nel caso della morte di Vittorio Bos Andrei in arte Cranio Randagio, il giovane rapper morto a Roma dopo una festa in un appartamento nel quartiere della Balduina. Gli inquirenti stanno via via ricostruendo cosa è successo nella notte tra venerdì 11 e sabato 12 novembre in occasione del compleanno di un amico di Vittorio, Pierfrancesco Bonolis: l’autopsia aveva già escluso problemi cardiaci, ora l’attenzione del pm Maria Rosaria Guglielmi, sul cui tavolo giace un fascicolo ancora senza indagati, è puntata su chi abbia portato la droga presente a quella festa. Perché è nell’abuso di qualche sostanza, unita all’alcool, che sono molto probabilmente da ricercare le cause della scomparsa di Cranio Randagio. Circa la possibile omissione di soccorso – scrive oggi Fabio Tonacci su Repubblica – «la frenesia delle chiamate fatte al 118 dai due ragazzi che dormivano nella stanza con il giovane rapper, e il tentativo di cercare aiuto, sembrano fugare» questa ipotesi.

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Questo quanto ricostruito finora dagli inquirenti. Dopo i festeggiamenti, la mattina del sabato rimangono in tre a casa Bonolis: il festeggiato padrone di casa, Vittorio e un terzo amico. La casa è pulita, durante la perquisizione gli agenti non trovano traccia di droga, nemmeno un mozzicone.

La prima telefonata al 118 è delle 13.55. “Ci eravamo svegliati da pochissimo”, sostengono i due. Pierfrancesco si è accorto subito che Cranio Randagio non respira più e ha il volto cianotico. Preso dal panico, chiama al cellulare la madre Rory che gli dice di andare ad avvertire un loro vicino dottore. Ci va l’altro amico: sale due piani di corsa, suona il campanello ma nessuno risponde. Intanto Pierfrancesco chiama il 118. “Vi mandiamo un’ambulanza al più presto”. I minuti che passano devono sembrare ore, Vittorio è steso sul letto, immobile, non è cosciente. Pierfrancesco fa una seconda chiamata al 118 – le telefonate e gli orari risultano dai tabulati – proprio mentre arrivano i medici. Sono le 14.08 circa, ci hanno messo meno di un quarto d’ora. Adagiano Vittorio sul pavimento, sul suo corpo non ci sono segni che possano far pensare a un trauma o a una violenza: provano a rianimarlo per un tempo assai lungo, giudicando quindi che il suo cuore si sia fermato da poco.

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