Parisi risponde a Silvio: «Si tenga Salvini». E allunga la lista dei delfini senza futuro

16/11/2016 di Redazione

«Io vado avanti, nessun passo indietro». «Se Berlusconi vuole Salvini leader, il centrodestra perde perché la maggioranza degli italiani non è lepenista». Le parole pronunciate da Stefano Parisi ieri a Porta a Porta allargano la frattura nel centrodestra e rendono più incerta una ricomposizione che possa rendere la coalizione di centrodestra competitiva ad eventuali elezioni politiche anticipate.

STEFANO PARISI RISPONDE A SILVIO BERLUSCONI

Ma la partita, delicata, riguarda anche la leadership dello schieramento. Il Cavaliere, sempre ieri, intervenendo nel corso del programma Radio Anch’io ha sostanzialmente scaricato Parisi («Sta cercando di avere un ruolo all’interno del centrodestra ma avendo questo contrasto con Salvini non credo possa averlo») e promosso il segretario della Lega Nord. Il manager (che due giorni fa ha dichiarato di volersi candidare alla guida del centrodestra pur senza entrare in Forza Italia o in un altro partito) ha poi risposto al leader azzurro in tv senza manifestare l’intenzione di arretrare. E allungando, di fatto, la lista dei possibili successori di Berlusconi senza un futuro.

DA GIANFRANCO FINI A GIOVANNI TOTI, DELFINI SENZA FUTURO

Nell’elenco già figuravano Gianfranco Fini e Angelino Alfano, come pure Denis Verdini e Raffaele Fitto. Da ieri c’è una nuova voce. Ricostruisce Carmelo Lopapa su Repubblica:

«Berlusconi è con me, finalmente ha capito da che parte stare» cantava vittoria Parisi domenica scorsa, all’indomani dello strappo di Salvini a Firenze.
Angelino Alfano – allora in buoni rapporti col manager – in quei caldi giorni d’estate lo aveva messo in guardia: «Sono un profondo conoscitore delle dinamiche successorie da quelle parti, e porto ancora numerose cicatrici, credo che non lo attendano tappeti rossi». Profetico, il ministro degli Interni vittima a sua volta dell’ormai famoso “quid” mancante, secondo la definizione ormai celeberrima del primo marzo 2012, a margine di un vertice Ppe a Bruxelles. Per lui, l’inizio della parabola discendente al fianco del “padre”, culminata poi con la scissione nel novembre 2013.
C’è sempre una parola, un epitaffio, dietro le pugnalate con cui il leader si è liberato di delfini veri o presunti, di figli putativi e presto disconosciuti. Il “quid” per lui, «prete democristiano » era stata invece la poco amorevole definizione che l’ex premier ha affibbiato a Raffaele Fitto che gli voltava le spalle nel 2015 dopo aver capito che non sarebbe stato mai lui il prediletto. Fino all’ormai inflazionato «Che fai mi cacci?» di Gianfranco Fini (direzione Pdl, 22 aprile 2012), che da presidente della Camera (ed esperto sub) già due anni prima aveva fiutato la corrente: «Io delfino? I delfini stanno in mare». Pier Ferdinando Casini è passato dai panni di prediletto, quando Berlusconi gli affida la Presidenza della Camera nel 2001, a carissimo “traditore” a fine mandato, 2006. Denis Verdini, erede vero e proprio non si è mai sentito, non fosse altro che per ragioni anagrafiche e grane giudiziarie. Ma plenipotenziario sì, finché il “cerchio magico” non è riuscito a fargli terra bruciata e lui ha preferito togliere le tende: il Patto del Nazareno con Renzi, del quale era stato mediatore, era già archiviato.

Un recente caso di delfino del Cavaliere che poi successore non è diventato riguarda l’ex direttore del Tg4 Giovanni Toti, oggi governatore ligure:

Anche Giovanni Toti, direttore di tg Mediaset, prodotto “in casa”, nasce dall’ennesima infatuazione del capo tra le invidie dei colonnelli: da consigliere politico a europarlamentare in pochi mesi nel 2014, da braccio destro a governatore ligure a sorpresa nel 2015, sembra l’irresistibile scalata di un leader in pectore. Fino al suo gelo con Arcore, nei mesi successivi all’intervento al cuore e all’annuncio della candidatura alla leadership nelle eventuali primarie di centrodestra, l’ex giornalista sempre più lontano dal capo e sempre più vicino a Matteo Salvini (con lui Firenze sabato scorso).

(Foto di copertina: ANSA / MATTEO BAZZI)

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