Torino Film Festival 2016 Cinque Pezzi Facili: i film della vita di Gabriele Salvatores

Torino Film Festival 2016 Cinque Pezzi Facili

Il “Guest Director” è il nume tutelare cinematografico del Torino Film Festival. Cambia ogni anno, quest’anno l’onore e l’onere è toccato a Gabriele Salvatores, premio Oscar per Mediterraneo e uno dei nostri registi più innovativi. Ogni anno al Guest Director viene chiesto di scegliere cinque film, quelli che lo hanno condotto sulla cattiva strada del cinema. E questi sono quelli di Salvatores, che ha spiegato anche perché queste scelte al direttore del TFF16 Emanuela Martini.

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Era tutto pronto. La mia stanza, la scrivania, persino la targhetta d’ottone col mio nome sulla porta dell’ufficio legale di mio padre. Ma c’erano in giro quei film, in quegli anni… E quella musica che ti catturava dalla colonna sonora! Devo ringraziare questi cinque film, questi “Cinque pezzi facili” (ma non semplici), perché sono tra quelli che mi hanno impedito di fare l’avvocato. Un film può cambiarti la vita? Nel mio caso la risposta è sì. Anche se, per essere sincero, accanto a quei film, c’erano anche tanti romanzi e tante, tante canzoni. Sicuramente nella storia del cinema ci sono film più belli, più profondi, anche più interessanti dal punto di vista artistico. Ma quei film mi hanno fornito la spinta emotiva, irrazionale, che mi ha permesso di incamminarmi sulla strada del teatro prima e del cinema poi. L’emozione senza pensiero, forse, non è sufficiente. Ma anche il pensiero da solo non basta. Ecco perché voglio condividere questi film con voi. Perché faccio questo mestiere nella speranza che (sì!) un film possa cambiarti la vita. (Gabriele Salvatores)

JULES ET JIM di François Truffaut (Jules e Jim, Francia, 1962, DCP, 105’) 1912. La storia di due amici, un austriaco e un francese, e della donna amata da entrambi. Il celebre triangolo amoroso ai vertici della Nouvelle Vague, adattato dal trentenne Truffaut (con Jean Gruault) dal romanzo del settantenne Henri-Pierre Roché. Un inno al libero sentire, alla soavità e alla purezza del tourbillon chiamato amore, messo in scena attraverso un’esplosione di sottili invenzioni registiche. Bertolucci lo omaggia in The Dreamers.

BLOW-UP di Michelangelo Antonioni (UK/Italia/USA, 1966, DCP, 111’) Un fotografo di moda immortala di nascosto due amanti in un parco, e crede di avere assistito a un omicidio; ma fra ciò che accade e ciò che l’immagine registra resta un divario incolmabile. L’opera teorica di Michelangelo Antonioni è un mystery purovisibile, che fa percepire il sublime nella fisica del reale: all’esterno la Londra dei Beatles, fotografata da Carlo De Palma, e all’interno il parco, reso vivo dal vento. Palma d’oro a Cannes.

IF… di Lindsay Anderson (Se…, UK, 1968, DCP, 111’) Mick Travis torna al College: angherie di anziani e docenti, limitazioni, pregiudizi, punizioni corporali. Ma Mick, i suoi tre Crociati e la Ragazza sono pronti a dar battaglia. Teorico, musicale e letteralmente incendiario, un film che uscì nel ’68 (anticipandolo), ovunque vietato o censurato, ma che ha scavalcato i decenni con la sua rabbia evocativa. Diretto dal padre del Free Cinema, con Malcolm McDowell, che poi riprenderanno il personaggio in O Lucky Man!

ALICE’S RESTAURANT di Arthur Penn (USA, 1969, 35mm, 111’) Un diciottenne newyorchese si iscrive al college per evitare l’arruolamento nell’esercito. Capellone e anticonformista, abbandona la scuola per unirsi a una coppia di amici che gestisce un ristorante. Ispirato a una canzone di Arlo Guthrie, figlio del leggendario Woody e protagonista del film, e diretto da Penn tra Gangster Story e Piccolo Grande Uomo, è un malinconico viaggio tra i rottami del sogno americano, lucida e disillusa testimonianza degli ideali di un’epoca.

THE STRAWBERRY STATEMENT di Stuart Hagmann (Fragole e sangue, USA, 1970, 35mm, 109’) Intrufolatosi tra gli studenti in protesta per portarsi a letto qualche bella ragazza, il giovane Simon svilupperà lentamente una coscienza politica e diverrà un leader della rivolta. Uno dei film simbolo della contestazione, basato su un libro di James Simon Kunen e vincitore del Premio della Giuria a Cannes nel 1970. Soundtrack con brani di Joni Mitchell e Crosby, Stills, Nash & Young, e, in una celebre scena, Give Peace a Chance di John Lennon.

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