Grillo pensa alle espulsioni per il caso delle firme false 5 stelle a Palermo

10/11/2016 di Redazione

Non è andata giù la notizia di indagati per il caso delle firme false M5S presentate per le comunali del 2012 a Palermo. Beppe Grillo starebbe valutando una soluzione che prevede sanzioni ed espulsioni per le persone coinvolte. Anche perché gli indagati sarebbero una decina.

Ne parla Ilario Lombardo su La Stampa:

La storia è ormai nota: un gruppo di attivisti 5 Stelle accusa deputati regionali e nazionali, assieme ad altri grillini palermitani di primo piano, di aver falsificato gli atti. Già nel 2012 una prima inchiesta venne archiviata. Un militante su tutti fa nomi e cognomi. Si chiama Vincenzo Pintagro. È il superteste della Procura. È lui a puntare il dito contro Riccardo Nuti, allora candidato sindaco con il nome acchiappavoti di “Il grillo”, Giulia Di Vita, Chiara Di Benedetto, Loredana Lupo e Claudia Mannino. Tutti deputati e quest’ultima anche segretaria dell’ufficio di presidenza a Montecitorio.

A nulla sono servite le richieste di un passo indietro avanzate dallo stesso Grillo dopo i primi servizi tv. I cinque hanno fatto quadrato e ora, se i loro nomi saranno, com’è molto probabile, tra quelli sul registro degli indagati, la loro situazione potrebbe aggravarsi. La strategia per il referendum imposta da Grillo prevede di muoversi con cautela, senza traumi e polemiche: come per l’assessora di Roma Paola Muraro, i 5 Stelle aspettano gli avvisi di garanzia. Quando arriveranno, partiranno le sospensioni contestualmente al congelamento definitivo delle primarie per scegliere il candidato sindaco. Potrebbe voler dire rinunciare alla corsa per Palermo, in modo da salvare le regionali in Sicilia, il boccone più ghiotto per il M5S a cui verrà ricandidato Giancarlo Cancelleri, colui che per conto di Grillo ha chiesto di far saltare il processo ai deputati previsto per lunedì. L’aveva convocato Adriano Varrica, altro candidato alle «comunarie», oppositore interno della «banda di Nuti», come viene chiamato il gruppo dei fedelissimi del deputato nei racconti della faida in corso tra i grillini di Palermo.

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E sempre per Palermo, dopo l’ultimo servizio de Le Iene, si apre anche il caso del vicequestore aggiunto della Digos Giovanni Pampillonia.

La deputata Pd Alessia Morani ha presentato un’interrogazione dopo i servizi delle Iene in cui si mostrava il suo atteggiamento confidenziale con Grillo nei giorni di Italia a 5 Stelle, lo scorso settembre, e l’irruenza con cui «pareva aver violentemente allontanato i giornalisti» dal cordone attorno alla sindaca Virginia Raggi. Pampillonia era il titolare delle indagini del 2012 e lo è tuttora. Il Pd chiede al ministero dell’Interno «se non sia opportuno assegnare le indagini ad altri», viste anche le diverse fonti che testimoniano le simpatie con il M5S e il legame di parentela con un ex candidato, Francesco Menallo. Ma c’è di più, la iena Filippo Roma racconta alla Stampa di essere stato trattenuto per tre ore da Pampillonia in questura a Palermo, mentre il vicequestore «dirigeva al telefono» funzionari della Digos di Roma inviati a prelevare del materiale in casa dell’inviato. «Non c’era nessuno e ho dovuto mandare mia suocera – spiega – Si sono presentati senza mandato. I pm avevano chiesto precisi documenti. Ma una volta lì Pampillonia ha detto di cercare se c’era anche dell’altro tra le mie carte. Hanno preso l’esposto anonimo da cui è partita la nostra inchiesta. Solo dopo i miei legali mi hanno detto che è stata una specie di perquisizione non autorizzata».

(Immagine da video di: Le Iene / Italiauno / Mediaset)

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