Da Orfini a Cuperlo: tutti i pupilli persi da D’Alema e Bersani nello scontro con Renzi

08/11/2016 di Redazione

La spaccatura del Pd sulla riforma costituzionale e il referendum del 4 dicembre non è solo la storia di divergenze politiche, di nuovi equilibri all’interno di un partito o di strategie elettorali. È anche la storia di rapporti personali che si complicano, amicizie decennali che s’incrinano. Leader della sinistra Dem come Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema, e l’ex capogruppo Roberto Speranza, schierati per il No alla legge Boschi, in questi mesi (e negli ultimi giorni) hanno incassato la presa di distanze di alcuni loro pupilli come Gianni Cuperlo, Teresa Bellanova, Maurizio Martina, Fabrizio Rondolino, Claudio Velardi.

 

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GLI EX PUPILLI DI D’ALEMA E BERSANI

Tutto cominciò probabilmente con la sconfitta (anzi, la non-vittoria) delle Politiche del 2013, quando il Pd di Bersani si ritrovò senza maggioranza al Senato dopo un’elezione che sembrava a portata di mano. Da allora troppi sodalizi sono andati in pezzi. E molto spesso i divorzi hanno coinciso con un riposizionamento nell’area renziana. Lo racconta Monica Guerzoni sul Corriere della Sera:

Quante potrebbe raccontarne Roberto Speranza, di storie così. L’arrivederci di Cuperlo è cronaca di questi giorni, eppure il leader della decimata sinistra del Pd si sforza di restare freddo: «Io il termine tradimento non lo pronuncio, mi sono imposto di non proferire parola contro Gianni». E Bersani? Teresa Bellanova, un tempo focosa sindacalista della Cgil, sbarca sulla scena politica nazionale proprio grazie all’ex segretario, ma Renzi la fa sottosegretario e viceministro e sabato eccola lì, sul palco della Leopolda, a tuonare conto la «compagnia dei rancorosi» e a ironizzare sulle teorie di Bersani: «Il combinato disposto? Parla come mangi!». I parlamentari che gli sono rimasti vicini rivelano che Bersani è «profondamente amareggiato per la coltellata alla schiena» e insinuano che sia stata inferta a Pier Luigi «per sdebitarsi con Matteo».
A rattristare l’inventore delle «lenzuolate» avevano già provveduto il sottosegretario Luciano Pizzetti e il «mite» Maurizio Martina, diventato ministro di Renzi in quota Bersani (era il suo pupillo in Lombardia) e ora schieratissimo sul Sì. «L’operazione del segretario è staccare da Bersani la nuova generazione, come a suo tempo fece Craxi nel Psi — è l’analisi del bersaniano Federico Fornaro —. Una volta accolti alla corte del potere, i beneficiati portano in dote il dono del Sì».
Massimo D’Alema i suoi pupilli li ha persi tutti per strada. Claudio Velardi gli ha dato del «bollito», Fabrizio Rondolino si è convertito sulla via della Leopolda e due giorni fa ci si è messo Gianni Cuperlo, che dalemiano è stato per cinque lunghi lustri.

Alla lista va aggiunto anche Matteo Orfini, per anni vicinissimo a D’Alema. Ma molto vicino all’ex premier è stato anche Peppino Caldarola, ora però al fianco di Enrico Rossi, e che al referendum si asterrà. Non hanno rimpianti nemmeno Andrea Manciulli e il sottosegretario agli Esteri Enzo Amendola. C’è poi Vannino Chiti, che ha raggiunto la corrente di Martina, gelando sia Bersani che Speranza.

(Foto: ANSA / GIUSEPPE LAMI)

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