Come Whitney: dieci miti uccisi da alcool e droga

Al decesso di Whitney Houston, trovata morta l’11 febbraio scorso in un albergo di Beverly Hills “hanno contribuito una malattia cardiaca e l’uso cronico di cocaina”. Sono state le dichiarazioni di un medico legale della contea di Los Angeles ad ufficializzare quel che era facile sospettare fin dalle prime ore successive alla morte della cantante, e che ritorna come una tragica costante nella vita di tante star della musica, del cinema, dello spettacolo: la complicità della droga nella distruzione della propria esistenza. Whitney è solo l’ultimo di tanti miti caduti troppo presto in preda all’abuso di sostanze stupefacenti, di alcol, o anche di farmaci, tutti facili ma ingannevoli rimedi contro le difficoltà della vita condotta sotto i riflettori.

 

AMY WINEHOUSE – La scomparsa della Houston segue di pochi mesi quella di un altra voce fenomenale, Amy Winehouse, a soli 27 anni trovata morta, lo scorso luglio, nel suo appartamento di Londra, stroncata da un mix di alcol e droghe. Amy, incapace di farsi trovare pronta alle cure per disintossicarsi dai suoi vizi, aveva raccontato il suo calvario con la bottiglia, ed anche l’intenzione di non liberarsi della dipendenza, nella canzone Rehab, brano dal successo milionario. L’ultimo concerto lo aveva tenuto a pochi giorni dall’overdose fatale, il 18 giugno, a Belgrado. Presentatasi visibilmente ubriaca sul palco, la manifestazione fu interrotta anzitempo, e il tour sospeso.

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