Rapporto Caritas: sempre più poveri gli Under 40, in Italia si (soprav)vive meglio al Sud

RAPPORTO CARITAS POVERTA’ –

La povertà è un salmone. Con questa definizione paradossale potremmo inquadrare la tendenza che rivoluziona il senso della progressione dell’indigenza nel nostro paese. Il Rapporto Caritas, che analizza un quadro preoccupante ma pienamente in linea con il disastro politico, sociale ed economico in cui ci siamo cacciati.

LEGGI ANCHE: GIOVANI, CARINI E DISOCCUPATI, LA FUGA DEI GIOVANI DALL’ITALIA

Decine di pagine di dati, analisi, considerazioni che ci pongono molte domande sul nostro paese, anche e soprattutto con le risposte a cui arriva. La Caritas, infatti, non è solo fondamentale come ente d’assistenza e sostegno delle fasce più povere della società, ma anche per i suoi Centri d’Ascolto, fondamentali per i singoli e la loro ricollocazione sociale, per la comprensione e la consapevolezza, individuale e collettiva, della situazione che viviamo in questo momento storico.

RAPPORTO CARITAS I GIOVANI UNDER 40 SEMPRE PIU’ POVERI –

Difficile riassumere un lavoro così poderoso e attento, e allora proveremo a raccontare ciò che stupisce di questa ricerca. In un paese in cui, ad esempio, fuori dal nucleo familiare e nella terza età si annidavano le risacche più drammatiche di povertà, ora, invece, ci si trova con aumenti drammatici nella fascia 18-34 anni (un +3% rispetto al biennio precedente che ci dice molto, troppo di un paese che non sa tutelare i suoi giovani e li spinge a scappare all’estero) con più uomini a chiedere aiuto alla Caritas. Se separati e divorziati rimangono più o meno gli stessi, per quantità, crolla la richiesta d’aiuto dei coniugati con figli – ma i giovani con un solo figlio, invece aumentano nei loro accessi al Centro d’ascolto anche se le difficoltà maggiori li vivono i genitori con due o più figli -, aumentano del 10% i nuclei familiari monogenitoriali. Ma andando a fondo, oltre alla rilevanza delle vittime della gerontocrazia italiana, gli under 40 mostrano la corda sulla crisi del lavoro, con una sfiducia sulla ripresa occupazionale sempre più pronunciata persino nelle richieste d’aiuto: sono gli stranieri a chiedere aiuto per lavorare, non gli italiani (-3%: forse anche perché chi viene fuori dai confini, tra coloro che sono in difficoltà, spesso hanno una scolarizzazione di alto livello, mentre i nostri “poveri” raramente vanno oltre la licenza media inferiore). Non a caso, infatti, tra i nostri connazionali, calano quelle di beni materiali (vestiario, cibo) e aumentano quelle di sussidi economici.

RAPPORTO CARITAS: STATO, CHIESA E SOCIETA’ –

Altre valutazioni fondamentali vanno fatto nell’analisi diretta dei dati da parte della Caritas che, al di là del passaggio dei cittadini sotto la soglia della povertà negli ultimi 7 anni da 1,8 milioni al 4,6 milioni rilevata anche dall’ISTAT (quasi il triplo), sottolinea come la rete sociale ha trovato degli ammortizzatori sociali naturali al suo interno (famiglia, comunità e soprattutto Chiesa), contrastata però da una confusione legislativa che ha peggiorato l’impatto del pubblico nel fare argine a questo fenomeno.

RAPPORTO CARITAS, LE DIFFERENZE TRA NORD E SUD –

Si (sopra)vive, infine, meglio al Sud. Dove sono gli italiani a chiedere più aiuto rispetto agli stranieri – sono il doppio, dato inversamente proporzionale rispetto alle richieste del centro e del nord – ma in cui il problema “casa”, fondamentale per la sopravvivenza, incide per un quarto. Se i “senzatetto”, infatti, nel Mezzogiorno sono poco oltre il 7%, al Settentrione arrivano al quadruplo, al 28%, così come il problema occupazionale sembra apparentemente meno preoccupante sotto Roma, anche perché la percezione dei lavori in nero o precari come “disoccupazione” è molto meno rilevante.

Infine il dato europeo, che mostra l’Italia come quella che ha visto un +130% nelle richieste di assistenza – alla Caritas e non solo -, il più alto in tutto il Continente, ci mostra come il nostro paese sia quello più colpito dalla crisi e dalla sua percezione, con un abbattimento della vergogna nell’accedere a quel tipo di assistenza, ma anche dall’inconsapevolezza sulle proprie reali necessità, probabilmente causata da un impoverimento troppo repentino perché lasci lucidità nel valutarle.

La strada sembra quella di Irlanda, Portogallo e altri paesi storicamente poveri che pur in una condizione di difficoltà generalizzata, sembra aver trovato un equilibrio nella sopravvivenza (e, forse, vedi il Portogallo, anche in una ricrescita e in una ripresa lenta e fondata sulla piccola imprenditoria giovanile) e che viene dimostrata da una scarsissima percentuale (il 3%) di popolazione in difficoltà ad alimentarsi due volte al giorno.

L’Italia è un paese alla deriva, secondo questo studio, e con timonieri disorientati. E, per l’ennesima volta, sembrano gli under 40 quelli privi di scialuppe di salvataggio, rubate dalle altre generazioni che nel migliore dei casi fanno da salvagente. Nel peggiore, li lasciano affogare.

Share this article