Cinquanta lesbiche contro l’utero in affitto: «No alla mercificazione di donne e bambini»

27/09/2016 di Redazione

Cinquanta lesbiche italiane sono contro l’utero in affitto, la stessa pratica seguita anche dal leader di Sel Nichi Vendola e dal suo compagno diventati genitori in Canada. Della dura presa di posizione ne parla Repubblica:

In nome dell’autodeterminazione delle donne e dei diritti dei neonati, le cinquanta firmatarie dell’appello “rifiutano la mercificazione delle capacità riproduttive delle donne”. “Rifiutano la mercificazione dei bambini”. “Chiedono a tutti i Paesi di mantenere la norma di elementare buon senso per cui la madre legale è colei che ha partorito, e non la firmataria di un contratto, né l’origine dell’ovocita”. “Chiedono a tutti i Paesi di rispettare le convenzioni internazionali per la protezione dei diritti umani e del bambino di cui sono firmatari e di opporsi fermamente a tutte le forme di legalizzazione della maternità surrogata sul piano nazionale e internazionale, abolendo le (poche) leggi che l’hanno introdotta”.

Le firmatarie dell’appello (qui il testo) sono con i cattolici come Paola Binetti, deputata di Area Popolare, che ha commentato: «Molto coraggioso, ne condivido in grandissima parte i contenuti. Andare controcorrente è difficile, ma è il vero segno della libertà». A sostegno dell’iniziativa Aurelio Mancuso, presidente Equality Italia, Gianpaolo Silvestri, fondatore di Arcigay, ex senatore dei Verdi e alcune femministe come Silvia Federici, emerita presso l’Hofsra University di New York, Ariel Salleh, scrittrice, e Barbara Katz Rothman, autrice di studi sulla maternità.

“Questo – spiegano i promotori del documento – è un testo contro i regolamenti che introdurrebbero la ‘gestazione per altri’ (gpa), invocati da più parti specialmente nella sinistra. Non è un testo proibizionista, ma è contrario ai contratti e agli scambi di denaro per comprare e vendere esseri umani, che ora in Italia sono illegali perché il contratto non è valido (non per la proibizione della legge 40, è una questione di molto più lunga data).
Questa presa di posizione è necessaria, in un momento in cui l’intero movimento gay lesbico e trans sembra militare sotto le bandiere del presunto ‘dono’ dovuto alla grande generosità femminile, e avallare così il commercio di bambini”.

“È un tema su cui si discute da molto – spiega Daniela Danna, tra le promotrici dell’iniziativa – abbiamo cominciato a raccogliere firme prima dell’estate. Il dibattito italiano sta volgendo ai regolamenti come protezione dallo sfruttamento, ma questa è una illusione”.

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CONTRO L’APPELLO, GHISLENI: «NON SI TRATTA DI SFRUTTAMENTO»

Secondo Micaela Ghisleni, filosofa bioeticista, esponente del mondo laico, «non c’è sfruttamento della donna, né commercio del corpo umano. Mentre gli interessi dei bambini sono tutelati». Ecco i tre punti di scontro tra le firmatarie dell’appello e i favorevoli all’utero in affitto.
«Ci può essere sfruttamento – spiega a Repubblica Micaela Ghisleni – in contesti nei quali l’autodeterminazione della donna è messa a rischio da condizioni economiche disagiate e da subalternità culturale. Altro invece è applicare la gpa dove la donna resta al centro di sistemi di garanzie che escludono lo sfruttamento, tipo California e Canada. Là ci sono contratti, la donna non lo fa per bisogno ma per scelta come dono».
Repubblica spiega come l’unico studio scientifico mai fatto (quello della ricercatrice inglese Susan Golombok), dimostri come le portatrici della gravidanza «mantengano un legame sia con il genitore intenzionale, sia con i bambini. Non è sfruttamento, ma si tratta di relazioni nuove che si protraggono nel tempo».

 

(in copertina Vendola con il compagno Eddy foto ANSA / ETTORE FERRARI)

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