Italia, paese di censurati che cadono sempre in piedi. Ma anche il governo ha sbagliato

09/08/2016 di Marco Esposito

Un popolo di censurati. O di epurati. Quantomeno di “persone scomode”. Sembra incredibile ma stiamo parlando dell’Italia. La stampa italiana fino a due settimane era accusata da tutti di essere conformista e filogovernativa, ma da una quindicina di giorni si è scoperto che si nascondevano – molto bene – una serie di rivoluzionari da desk. Un manipolo di personaggi scomodi contro cui il governo ha lanciato una campagna di epurazione senza precedenti. E, la notizia è di poche ore fa, ormai l’epurazione in Rai è arrivata addirittura a bloccare il climatologo per eccellenza: Luca Mercalli. Che – ovviamente su un giornale – grida alla censura: «Trattavamo argomenti scomodi per il governo». Addirittura.

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Ai più non sarà sfuggito come la presentazione dei nuovi palinsesti Rai abbia creato una nuova categoria di lavoratori: gli epurati. Per lo più sono conduttori, che il più delle volte guadagnano anche benino, ma che una volta privati della propria trasmissione non fanno altro che agitare le braccia al cielo invocando la censura.

In principio è stato il talk di rai due Virus, condotto da Nicola Porro: sostituito anche per i risultati non certo eccellenti di audience (se si eliminano le ultime due puntate, la media della trasmissione è stata al di sotto della media di prime time della rete), il vicedirettore del Giornale si è accasato a Mediaset pochi giorni dopo la presunta epurazione. (E come Giornalettismo aveva anticipato) E soprattutto dopo aver rifiutato un programma in casa Rai. Poi è arrivato il caso Feltri. L’arrivo di Feltri alla direzione di Libero al posto di Maurizio Belpietro ha creato un surreale allarme democratico. Basti pensare che già nel 2009 i due si scambiarono nell’indifferenza generale la direzione del quotidiano edito da Angelucci.

Poi venne la volta di Bianca Berlinguer. Sostituita recentemente alla direzione del Tg3, dopo ben sette anni di direzione, la Berlinguer pare proprio non aver preso bene la notizia. Nonostante uno stipendio da circa duecentomila euro, e la nuova striscia quotidiana di informazione, oltre ad un approfondimento settimanale di seconda serata, la Berlinguer è stata descritta come il simbolo di un’epurazione violenta. Talmente violenta da spingere una parte della minoranza del Pd a ritirare i propri esponenti dalla commissione di vigilanza Rai. Insomma, veniamo a scoprire che in Rai le nomine in essere dei direttori – avvenute come queste più recenti con il benestare della politica – sono più legittime di quelle nuove. Non si capisce per quale motivo, forse solo perché la conservazione alberga ormai in molti cuori della cosiddetta sinistra del PD, anche quando si tratta di nomine Rai.

Ma non si finisce qui. Ad un certo punto un’altra ferita si è aperta nel mondo della libertà di stampa. Oscar Giannino ha rischiato di non vedere il proprio contratto rinnovato da Radio 24. La colpa? Ovviamente essere “scomodo” per il governo. Non si capisce per quale motivo l’eventuale mancato rinnovo di Oscar Giannino, mancato rinnovo contrattuale che agita i sonni di migliaia di precari da poche centinaia di euro al mese, avesse qualcosa a che fare con la libertà di stampa, ma fatto sta che essendosi confindustria schierata con il “Si” al Referendum, l’assenza di Giannino dai palinsesti autunnali della radio di confindustria lo trasformava in un martire della democrazia. E come è finita vi chiederete? Che circa una settimana dopo il contratto – da centinaia di migliaia di euro – di Giannino è stato rinnovato, e quindi lo ascolteremo su Radio 24 in ben tre trasmissioni. Alla faccia dell’epurazione.

Successivamente la liberta di espressione è stata intaccata dalla chiusura di una trasissione su Radio Due di Matteo Bordone, dallo spostamento in palinsesto di Caterpillar e dalla presunta chiusura – poi smentita – di 610 di Lillo e Greg.

Infine, dopo la storia di Francesca Fornario che vi abbiamo raccontato, l’ultima clamorosa inaccettabile censura al climatologo Mercalli che al grido di «Sono scomodo al governo» sta invadendo i giornali di opposizione.

Insomma la pesante censura governativa ha portato al rinnovo del contratto di Giannino a Radio 24, Vittorio Feltri alla direzione di Libero, allo spostamento in palinsesto di Caterpillar su Radio 2, al “tappare la bocca” a Bianca Berlinguer con una striscia quotidiana d’informazione, e al ritorno in rai di due noti renziani come Gad Lerner e Michele Santoro.

Certo che se il governo fosse stato veramente intenzionato a “mettere il bavagio alla Rai” come dice qualcuno, vuol dire che quanto meno gli è riuscito piuttosto male. O, piuttosto, se fossimo dalle parti di Palazzo Chigi ci chiederemmo come sia stato possibile che il ritorno di giornalisti come Santoro e Gad Lerner in Rai, dopo anni di assenza, si sia trasformata in una sorta di caporetto comunicativa, descritta come un’epurazione di massa. Certo, se qualche zelante parlamentare avesse sparato qualche bordata in meno verso Saxa Rubra, in particolar modo verso il Tg3 e Ballarò, oggi il governo vivrebbe un’estate più serena. Ma quando sul carro del premier sono in tanti a volersi dare da fare per salire a bordo, si possono combinare pasticci del genere.

Forse potrebbe bastare un piccolo memorandum ai tanti appassionati di Rai tra le file renziane: astenersi dal commentare. Per una colonna di visibilità, si rischia di far deragliare il carro su cui si  aspira a salire.

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