Strage di Bologna, 36 anni senza mandanti. Il reato di depistaggio non può bastare

01/08/2016 di Alberto Sofia

Qualcosa si muove nella ricerca della verità. Ma non può bastare. Soltanto dei primi passi, dopo decenni di rivendicazioni inascoltate. Sarà un anniversario diverso, simbolico, per la città di Bologna. Trentasei anni dopo la strage del 2 agosto 1980, un massacro dai mandanti ancora oscuri, sarà la prima volta in cui si potrà rivendicare un risultato concreto. Il reato di depistaggio, 23 anni dopo l’appello di Torquato Secci, il primo presidente dell’associazione dei familiari delle vittime, è da poche settimane diventato legge. Entrerà in vigore nello stesso giorno delle celebrazioni, dopo l’approvazione definitiva del 5 luglio: «Vero che sui vecchi depistaggi non potrà portare a nulla, oer la prescrizione.Ma se sui fatti vecchi si innestano nuovi depistaggi, potranno essere perseguiti. E si rischiano fino a 12 anni di carcere», rivendica ora il neo presidente e deputato Pd Paolo Bolognesi.  

Nuove polemiche si erano scatenate proprio pochi giorni prima dell’anniversario della strage di Bologna per la pubblicazione del libro “I segreti di Bologna” di Rosario Priore. Un volume che riporta come il cadavere di Maria Fresu, una delle 85 vittime ufficiali, non sarebbe mai stato ritrovato. E che rilancia quella “pista palestinese” già evocata ai tempi del massacro dall’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga. «La strage? Un atto di rappresaglia del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp), eseguito dal gruppo (venezuelano, ndr) Carlos, per la violazione del “lodo Moro” da parte delle autorità italiane», si legge. Una versione che torna a legare il massacro al mancato rispetto di un accordo informale del 1973, mai dimostrato, tra italiani e palestinesi, per mettere al riparo il nostro Paese da attentati terroristici in cambio del sostegno alla lotta di Olp e Fplp e di controlli meno serrati sul passaggio in Italia di armi dei palestinesi. In realtà, la pista palestinese” è stata archiviata dal gip Bruno Giangiacomo nel febbraio 2015. Più volte bocciata dallo stesso Bolognesi, così come lo stesso libro: «Continua a depistare e crea problemi alle famiglie, mettendo in mezzo le vittime». 

STRAGE DI BOLOGNA, A 36 ANNI DAL 2 AGOSTO 1980 –

Quasi quattro decenni sono intanto passati da quella strage, tra i momenti più bui della storia della Repubblica. Da quel 2 agosto 1980, alla stazione di Bologna, l’orologio è fermo sulla stessa ora: dieci e venticinque. Quella dello scoppio della valigia carica di tritolo. Un orologio che è anche il simbolo di una città che non intende consegnare all’oblio la memoria di un attentato rimasto senza verità. Per la giustizia italiana due sono gli esecutori materiali della strage  condannati in via definitiva: gli ex terroristi neofascisti (appartenenti ai Nar) Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, ma da diversi anni in libertà. A portare all’interno della stazione la valigia con l’esplosivo fu invece, secondo quanto stabilì la Cassazione nel 2007, Luigi Ciavardini, condannato a 30 anni. Ex terrorista nero, anche lui si trova in semi-libertà dal 2009. Può lasciare il carcere di Rebibbia per andare a lavorare, inserito in un programma di recupero, come chiarì il garante capitolino per i detenuti quando i consiglieri Masini e Nanno (PD) denunciarono la sua presenza in Campidoglio. Mai, invece, sono stati rintracciati i mandanti della peggior strage, per numero di vittime, del nostro Paese. Un nuovo schiaffo alla memoria delle 85 vittime e dei loro familiari e dei 200 feriti. 

Mambro e Fioravanti sono stati anche condannati dal tribunale civile di Bologna a risarcire danni per 2 miliardi, 134 milioni e 273 mila euro, da versare alla Presidenza del Consiglio e al ministero dell’Interno. Soldi che i due terroristi non hanno però mai voluto versare, anche perché, spiegavano i loro legali, quei «soldi, inoltre, non li hanno e mai li avranno». Nessuno dei condannati, pur ammettendo le loro gravi responsabilità nella stagione degli “anni di piombo”, si è mai dichiarato responsabile per la strage di Bologna. E invano il deputato dem Bolognesi chiese al ministro della Giustizia di «avviare iniziative ispettive» sulle procedure che hanno permesso di concedere la libertà condizionale a Mambro e Fioravanti. Nulla da fare. Per il governo non fu necessaria alcuna ispezione. 

STRAGE DI BOLOGNA: IL NUOVO DOSSIER E LE PROMESSE NON MANTENUTE DALLE ISTITUZIONI

Non è bastato per fermare chi, come l’associazione dei parenti delle vittime, continua a chiedere verità. Ancora oggi. Tanto da aver anche depositato un nuovo dossier in Procura, da oltre un anno: «Un lungo e approfondito lavoro di ricerca e analisi incrociata di migliaia di pagine di atti giudiziari di processi per fatti di strage e terrorismo dal 1974 ad oggi», come chiarì lo stesso Bolognesi, chiedendo anche di revocare l’archiviazione per l’altro ex Nar Gilberto Cavallini. Pagine che non sono però ancora state prese in esame: «Dicono che devono aspettare le motivazioni di varie sentenze, ma per me avrebbero materiale sufficiente per andare avanti lo stesso», ha spiegato Bolognesi. «Impegno massimo, non ci trasformeremo in storici. Se ci sono elementi, approfondiremo», ha invece spiegato il procuratore capo Giuseppe Amato, nel giorno del suo insediamento.

Bisognerà attendere ancora. Ma non è certo l’unica incognita. Perché l’appello al governo dei familiari delle vittime, che sarà rivendicato anche di fronte al sottosegretario Claudio De Vincenti (atteso a Bologna per le celebrazioni, ndr) sarà anche il rispetto di altri impegni. Promesse non ancora mantenute. Dal caso indennizzi, a quello dei vitalizi, fino al nodo della piena applicazione della desecretazione degli atti riservati sulle stragi. Una beffa per Bolognesi, che denunciò come i “Servizi non avessero versato tutti i documenti nei loro archivi”, entrando in polemica anche con il ministro Boschi. «Dopo un avvio “rocambolesco” l’archivio di Stato dovrebbe avviare la digitalizzazione e noi familiari delle vittime abbiamo ottenuto di poter controllare quei documenti. Se questi impegni saranno confermati in aula di consiglio sarò contento», precisa adesso lo stesso presidente.

STRAGE DI BOLOGNA, IL NODO RISARCIMENTI

Anche i risarcimenti sono ancora congelati. Se nel 2004 fu votata la legge 206 a favore delle vittime del terrorismo e delle stragi, la sua attuazione non è mai stata oggetto di particolare interesse. Tanto che, nonostante le promesse dell’attuale esecutivo, quegli indennizzi non si sono mai visti. Nel 2013 fu Graziano Delrio a garantire che «entro settembre sarebbe stato fatto tutto, ma poi non successe». Lo stesso De Vincenti ha ora garantito che la norma potrà essere messa in atto dalle amministrazioni, senza bisogno di una nuova legge: «Il resto della sua applicazione, ci hanno spiegato, sarà assicurato nella Legge di stabilità», chiariscono dall’associazione dei familiari delle vittime. Entro la fine dell’anno. 

In attesa, come ogni anno, la città che non dimentica si ritroverà in Piazza Maggiore. Questa volta ci sarà anche la comunità islamica. «Uniti contro ogni terrorismo», rivendicano. Alla ricerca di quella verità ancora nascosta, per capire chi c’è dietro la strage. In gioco c’è la stessa credibilità delle istituzioni.

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