Daniele Vicari non lascia Facebook (per ora) e raddoppia: invita “Sua entità” a un incontro pubblico

Se non si parlasse di qualcosa di molto serio, verrebbe da dire che quella tra Daniele Vicari, regista di Diaz, e Facebook, è la telenovela dell’estate 2016. Tutto nasce, come abbiamo raccontato qui prima degli altri, da una doppia censura da parte di Facebook di un dibattito politico-cinematografico sulla Diaz e in particolare di un post molto articolato del regista di Diaz in proposito. Seguito, poi, da un blocco di 24 ore dell’account, conclusosi con delle improbabili scuse in cui questi tre fatti venivano definiti come una “cancellazione accidentale” di un membro del team. Vicari si è dichiarato da subito poco soddisfatto delle giustificazioni e anzi preoccupato per ciò che implicava rispetto ai temi della libertà d’espressione. Si è quindi riservato di decidere se lasciare comunque il social, come minacciato in caso di mancata risposta di Zuckerberg e soci, oppure se continuare a combattere.

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Non sappiamo se nel frattempo abbia sentito qualcuno della multinazionale – lo speriamo: il management della comunicazione del maggior strumento di comunicazione mondiale sta facendo una figura ridicola -, fatto sta che dopo 24 ore ha scritto una seconda lettera aperta a Facebook ma anche ai suoi utenti. In cui chiede un dibattito pubblico su ciò che è successo a lui, ma anche parlando sempre di Diaz e di Genova 2001, al disegnatore Mauro Biani e al fumettista Zerocalcare, così come al regista di “Porno e libertà” Carmine Amoroso. Un suo commento alle risposte dei suoi amici di Facebook fa pensare che qualcuno, dagli uffici dei social, gli abbia assicurato la partecipazione anche della multinazionale.

Vediamo, qualche rappresentante italiano ci sarà, qualche essere umano si paleserà, poi se viene Zuckerberg gli offriamo una pizza

Ecco il testo della nuova lettera aperta, quarta puntata di questa polemica, interessante riflessione sulle dimensioni quantitative (si parla di una mega nazione da 1,7 miliardi di persone) e qualitative del fenomeno Facebook, e della nostra impossibilità di ignorarlo, snobbarlo, combatterlo singolarmente:

MAGARI PARLIAMONE IN PUBBLICO

Sarebbe utile e interessante per tutti, sia per gli utenti che per “Sua Entità” Facebook che a partire dalle vicende più eclatanti capitate in questi giorni, quella di Biani, Zerocalcare ma anche Amoroso ed altre persone che hanno avuto “problemi” con i meccanismi di Facebook, l’Azienda accettasse un confronto PUBBLICO. In questo modo si potrebbe tentare di dare un contributo positivo alla discussione che, nel merito, riguarda la libertà di espressione, non proprio una cosetta.
Lo so che ci sono dei “saputi” che dicono «Sono problemi tuoi, ti cancelli e finisce tutti li, sii coerente e non rompere» oppure «Sei un ignorante, esistono “social” liberi come Diaspora”… va bene, spendiamoci due parole: Diaspora è un’idea geniale, ma ha avuto grandissimi problemi di sicurezza dei dati e molti utenti hanno “drizzato le orecchie”, annusato ma poi sono scappati e, specialmente dopo il suicidio di uno dei suoi fondatori, è diventata un po’ triste e vuota, comunque è una idea interessante da studiare ed eventualmente ripensare. C’è l’italiana Apple Kiss che è interessante ma con pochi utenti, anche perché forse è basata su una idea un po’ “vecchia”, quella del blog, che è archeologia nel web, serve solo a confrontarsi con i propri “simili”: artisti-scrittori-meccanici-buddisti. Peach è come Twitter ma anche lei fa fatica a raccogliere utenti, forse perché Twitter funziona tutto sommato meglio… insomma questi magnifici tentativi hanno grandi meriti, il primo è che non “vendono” i dati degli utenti a nessuno, ma sono tutto tranne che “condivisi”, sono piuttosto elitari, e lo restano anche dopo sette o otto anni di vita come Diaspora. Qualche problema lo avranno, o no? La dura verità è che il modello supercommerciale di Facebook ha per ora vinto, lo dice la dura realtà dei numeri.
Sarà che io vengo un po’ da Collegiove (Ri) e un po’ da Pietralata (Rm), non dalla bella Capalbio e nemmeno dai “quartieri alti” di Roma, e i miei amici non sono tutti dei provetti internauti, e premesso ancora che mi fa molto più piacere incontrarli di persona, se voglio restare in comunicazione con loro via social devo stare su Facebook, nemmeno su Twitter, su Facebook e basta. Infatti non mi fa piacere per niente dover dire che ho fortissimi dubbi se restarci o meno, e se dovessi infine decidere di chiudere l’account sarà un momento non piacevole anche se tutto sommato non tragico, se po’ fa’.
Facebook: non esiste al mondo uno Stato che abbia 1 miliardo e settecentomila “cittadini-utenti”. E questa dimensione sta ponendo problematiche inedite, che vale la pena affrontare. Compreso il fatto che ormai le “scorribande” di gruppi organizzati, sfruttando i limiti e le caratteristiche dei meccanismi dei “social” fanno “politica”, è da qui che nasce, questa è la mia impressione, la “censura” a Zerocalcare, Mauro Biani e a me sui fatti di Genova2001.

Questa proposta di incontro proverò a girarla a Facebook anche attraverso il suo ufficio stampa, e poi vedremo quali sviluppi ci saranno. Discutere, riflettere, approfondire non ha fatto mai male a nessuno, sono affezionato a un vecchio pedagogista, Jean Piaget, che attraverso esperimenti pratici e test cercava di mettere in chiaro cosa vuol dire per un essere umano “Riuscire e Capire” (editori riuniti 1976). Noi siamo come dei bambini alle prese con giocattoli più o meno difficili da decifrare. A questo punto non abbiamo più bisogno di élite che ci spieghino cosa fare, ma dobbiamo “Giocare e Capire”, non c’è scelta. Tuttavia ci si può anche sottrarre e io da questo punto di vista sono un privilegiato, faccio film, per cui posso “parlare” a prescindere dai “social” ed è sempre vero che potremmo tra noi anche parlare in una piazza “reale”, se le nostre vite complicate ce lo permettessero. Forse sta proprio qui il successo dei “social” ci danno l’illusione di semplificare le nostre relazioni, finché un giorno qualcuno non cancella con un clic ciò che hai in animo di dire, e allora ti accorgi che questa parte della nostra vita, vissuta così, rischia di essere solo un sogno. Insomma di materia per confrontarci ce n’è 😉

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