Gli stipendi dei banchieri non conoscono la crisi

13/07/2016 di Redazione

La crisi delle banche rappresenta uno dei problemi principali dell’economia del nostro Paese. Negli ultimi 12 mesi gli istituti di credito hanno subito un forte tracollo in Borsa, mentre a partire dalla fine del 2015 sono esplose le situazioni più problematiche, come le quattro banche risolte o la dolorosa ricapitalizzazione di BPVI e Veneto Banca. Nel 2015 però, nonostante le difficoltà degli istituti da loro guidati, i banchieri italiani hanno ricevuto gli ormai consueti maxi stipendi, con incrementi superiori alla media internazionale.

GLI STIPENDI DEI BANCHIERI ITALIANI

In termini relativi i banchieri italiani hanno guadagnato più dei Ceo dei maggiori istituti di credito internazionali. Come rimarca un articolo di Ettore Livini per La Repubblica

Gli amministratori delegati degli otto big tricolori si sono regalati infatti nel 2015 un aumento di stipendio medio del 9,7%. Non solo: il valore della parte azionaria dei loro compensi – in sostanza le stock option monetizzate lo scorso anno – è cresciuto del 68%. Le buste paga dei Paperoni degli sportelli di casa nostra – con buona pace delle turbolenze di queste settimane – si sono gonfiate persino di più di quelle dei loro colleghi del resto del mondo: i compensi dei maggiori Ceo bancari internazionali – calcola uno studio di Equilar e del Financial Times – sono saliti lo scorso anno “solo” del 7,6%.

Livini evidenzia come Mario Draghi e Ignazio Visco abbiano spinto per evitare i consueti maxi stipendi che caratterizzano l’alta finanza italiana, ma l’intervento del presidente della Bce e del governatore di Banca d’Italia non ha prodotto esiti. Neppure tra le banche andate in crisi tra il 2015 e il 2016.

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Diversi istituti sono diventati simbolo della crisi del sistema creditizio italiano, oberato da molto tempo da un livello record di sofferenze bancarie e crediti incagliati che destabilizza i loro bilanci. Da Banca Etruria a Banca popolare di Vicenza, per passare a Veneto Banca o Mps, la grande preoccupazione di questi ultimi mesi, se non anni considerando che le difficoltà dell’istituto senese si protraggono da ormai molto tempo. Gli stipendi di chi ha condotto questi istituti non hanno però seguito difficoltà, e al contrario chi ha ricevuto meno del pattuito ha fatto causa nonostante un operato non proprio caratterizzato da successi, come Vincenzo Consoli ex Ad di Veneto Banca.

Gianni Zonin ha lasciato la Popolare di Vicenza sull’orlo del crac staccandosi per gli ultimi undici mesi di lavoro un assegno-ricordo di un milione di euro. Cinque ex-dirigenti della banca sono usciti di scena con lo zuccherino di 5,2 milioni di buonuscita. Quattro dei quali destinati all’ex-ad Samuele Sorato…Antonio Vigni ha mollato nel 2012 il Monte Paschi di Siena lasciando in ricordo alla città del Palio un bilancio in rosso per quasi 5 miliardi ma consolandosi a livello personale con una buonuscita da 4 milioni…per Luca Bronchi, finito nel mirino degli ispettori spediti da via Nazionale in Banca d’Etruria per la liquidazione da 1,2 milioni di euro che gli è stata assegnata dal cda nel 2014 alla vigilia del crac «nonostante il grave deterioramento della banca e senza contestargli responsabilità specifiche

Federico Ghizzoni, che lasciato Unicredit in una situazione di marcata difficoltà, è stato liquidato con 10 milioni di euro. Certo lontano dai tempi d’oro da 40 milioni di euro con cui l’istituto di piazza Cordusio aveva detto addio ad Alessandro Profumo.

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