Referendum costituzionale, spacchettamento già naufragato. Poche firme in Parlamento

12/07/2016 di Alberto Sofia

Per il premier è un’opzione che «non sta in piedi», dal Pd viene snobbata, né esalta la minoranza dem più attenta alla partita delicata delle modifiche all’Italicum. Da Forza Italia, al contrario, è stata subito osteggiata per non concedere un possibile salvagente a Palazzo Chigi. Al di là dell’attivismo dei Radicali, non decolla la raccolta delle firme per proporre lo spacchettamento dei quesiti al referendum costituzionale. Appena 30 quelle raccolte, quando il tempo ormai è quasi scaduto.

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REFERENDUM, SPACCHETTAMENTO LONTANO. SOLO 30 ADESIONI IN PARLAMENTO

Giovedì è il termine ultimo per presentare la richiesta in Cassazione. Proibitiva, impossibile, la raccolta di 500mila firme in così poco tempo, restava così soltanto l’ipotesi di raccogliere le adesioni di un quinto dei rappresentanti di una delle due Camere (126 alla Camera, 64 al Senato). Ma il sostegno all’iniziativa spinta dal segretario dei Radicali, Riccardo Magi, è stata a dir poco timida. Almeno a Montecitorio, lì dove ha incassato adesioni soltanto nel gruppo di Area Popolare, oltre che tra i Socialisti di Nencini e da qualche singolo nel gruppo di Scelta Civica. La freddezza del governo e il niet di Renzi, dopo che già la ministra Boschi aveva avvertito Magi dell’impossibilità del governo di farsi carico dello spacchettamento, ha lasciato di fatto naufragare l’ipotesi di dividere i quesiti. Una partita nella quale Renzi, al di là del cambio di tono dopo le critiche sulla personalizzazione del voto, si gioca gran parte della sua credibilità. E che resta nella mente del premier la “madre delle battaglie”. Un voto che, ha garantito lo stesso premier, non slitterà: si terrà a ottobre, come previsto. O il 6 novembre al massimo.

FIRME PER LO SPACCHETTAMENTO, QUORUM LONTANO

Il quorum parlamentare delle firme, di fatto, sembra ormai quasi impossibile. Certo, Magi insiste, lanciando accuse dirette verso Palazzo Chigi e il Nazareno: «Sarebbe schizofrenico da parte del Pd dichiarare prima di non volere il plebiscito e poi far fallire l’unica soluzione in campo in grado di evitarlo». Ci riproverà oggi a Palazzo Madama, ma ottenere le firme necessarie sembra impossibile. L’unico gruppo che è pronto a garantire il suo sostegno è quello di Area popolare: sarebbero 31 adesioni, ma soltanto se venisse garantito un appoggio compatto. Improbabile, di fronte a un partito, il Nuovo centrodestra di Alfano, imploso e diviso in correnti, tra governisti e malpancisti.

SPACCHETTAMENTO, IL MANCANO SOSTEGNO DELLE OPPOSIZIONI. E IL NO DEL PD

Né Magi potrà contare sul sostegno delle opposizioni, né da Sinistra italiana, né dal centrodestra, né dal M5S. Anche perché la consultazione referendaria, è convinto il fronte eterogeneo antigovernativo, sarà l’occasione concreta per provare a far cadere Renzi e il suo governo. E nessuno intende fornire un assist al premier.

Ma è dalle truppe parlamentari del Partito democratico, il gruppo più numeroso, che i Radicali hanno incassato il no più pesante, anche a livello simbolico. Pure a Palazzo Madama, ha già avvertito il capogruppo dem Luigi Zanda,  il suo gruppo non firmerà. Tradotto, si va ormai verso una votazione unica. E non verso quella divisione in 5 quesiti (bicameralismo, composizione del Senato, elezioni dei giudici della Consulta, Titolo V, istituto referendario) spinta dai Radicali.

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