Bangladesh, attacco a Dacca: “Il terrorista figlio del politico era solo uno studente senza qualità”

06/07/2016 di Boris Sollazzo

E’ già cominciata la narrazione: giovani, borghesi, carini e molto colti. Ecco il commando di Dacca, che vede anche il rampollo di un politico, Rohan Ibne Imtiaz, tra le proprie fila. E proprio questo padre, disperato, dichiara “neanche leggeva il Corano”. Ecco, l’impressione è che lo storytelling su questi ragazzi che hanno deciso di seminare morte e terrore forse più per noia che per ideologia, sia decisamente inesatto. A dircelo, su Repubblica, è N.T. (comprensibilmente chiede l’anonimato), un professore veneziano che per 13 mesi ha insegnato a Dacca nell’università privata Brac (che costa circa 1400 euro all’anno: per benestanti, ma non per ricchi, un’altra notizia “gonfiata”). E ci parla proprio di Rohan: che, citando un titolo infelice di ieri de Il Giornale, risponde esattamente all’identikit del bamboccione.

Ho visto sui giornali le foto dei terroristi e ho sentito che venivano descritti come intellettuali. Allora mi è sembrato di riconoscere nel volto di Imtiaz lo studente di “Business” che avevo conosciuto nella primaversa del 2015, quando frequentava il mio corso obbligatorio. […] Non era affatto una persona colta. Semmai lo definirei uno studente senza qualità.

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E ancora.

Non partecipata attivamente alle lezioni: non interventiva, non ascoltava. […] Si era iscritto nel 2014, ma a fine 2015 aveva già mollato. […] Non era uno che spiccava per simpatia, ingegno o socievolezza. E’ vero che il mio corso era obbligatorio, ma la classe era vivace. All’epoca avevo 35 studenti che ho visto per tre mesi, tre ore alla settimana. Non sapevo nemmeno che fosse figlio di uno dei leader del partito Awami. […] Lo ricordo come uno qualunque, nel senso diminutivo del termine, un mediocre che avevo dimenticato.

Parla, il professore, di un’università aperta a ogni influenza culturale e religiosa, plurale e tollerante, con cerimonie di laura che citano Corano e Vangelo, Bibbia e testi indù e buddisti.

Se uno si poteva annidare in uno spazio così, crollano tutte le mie certezze, ma voglio ricordare quello che mi ha scritto uno studente indù “prof, non abbiamo potuto salvare i nostri fratelli e le nostre sorelle. In Bangla diciamo, otithi narayan, significa che l’ospite è Dio. Non ce l’abbiamo fatta a salvarli, ma alla fine sono certo che vincerà il dialogo.

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