Veneto Banca ha bruciato 5 mld: in fumo i soldi di imprese e pensionati. E pure delle parrocchie

31/05/2016 di Redazione

Non ci sono solo grandi imprese e investitori ad essere stati beffati dal crollo del valore delle azioni di Veneto Banca, l’istituto dei credito del Nord Est che ha bruciato per la cattiva gestione circa 5 miliardi di euro. Ma anche le piccole imprese e i piccoli risparmiatori. E suore, monaci, diocesi, parrocchie. In fumo sono finiti perfino i fondi dell’8 per mille. I soci coinvolti sono oltre 87mila. Lo raccontano oggi Gianluca Paolucci e Raphael Zanotti sulla Stampa:

Ieri sera il Cda che ha fissato la forchetta di prezzo in vista della quotazione: tra 10 e 50 centesimi. I soci hanno così visto le proprie azioni pagate fino a 40,75 euro precipitare a un valore di pochi centesimi. Un disastro finanziario molto democratico: ha coinvolto grandi e piccoli imprenditori, giovani pensionati, politici ed enti caritatevoli, piccole imprese artigiane e grandi banche americane. Per l’88% si tratta persone fisiche con un’età media di 60 anni. Il resto sono aziende. Risparmi di una vita di lavoro o patrimoni familiari, poco cambia: quei soldi non ci sono più.

Tra i soci che hanno perso le loro risorse ci sono anche vip come Silvio Berlusconi e Bruno Vespa. O come lo stilista Renè Caovilla.

 

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VENETO BANCA, BRUCIATI I SOLDI DELL’8 PER MILLE

Per quanto riguarda gli enti religiosi (una quarantina) coinvolti nel crollo di 3/400 volte del valore delle azioni, ci sono anche conventi e oratori. Scrivono ancora Paolucci e Zanotti sulla Stampa:

La congregazione del sacro ordine cistercense di Casamari ha investito centinaia di migliaia di euro, la parrocchia di San Giovanni Battista a Marano Ticino (Novara) circa 30.000, l’opera diocesana di San Narno di Bergamo più di 200mila. In tutto sono una quarantina gli enti religiosi coinvolti.

Organizzazioni a cui i fedeli avevano affidato le loro disponibilità, sperando che venissero usate per chi ne aveva più bisogno. Ma anche profitti provenienti dagli affitti del patrimonio immobiliare ecclesiastico. E persino i fondi dell’8 per mille, che ogni anno valgono per le casse cattoliche qualcosa come un miliardo di euro. Un disastro che, se si calcola il prezzo a cui era arrivato a valere ogni azione (40,75 euro) ammonta a circa 7 milioni e 800mila euro. Oggi, quelle stesse azioni, valgono poco meno di 20mila euro.

Nell’elenco figurano anche tre istituti diocesani per il sostentamento del clero: quelli di Nardò (Lecce), Tricarico (Matera) e Treviso. I primi due con investimenti di poche migliaia di euro, il terzo con quasi 50.000 azioni passate da un valore di due milioni di euro ai cinquemila di oggi.

(Foto di copertina da archivio Ansa: JAN WOITAS / dpa)

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