Amici 15: sì Vostro Onore, ho visto il talent della De Filippi e mi è piaciuto, confesso

19/05/2016 di Boris Sollazzo

Sono un giornalista. Un critico cinematografico e televisivo. Per costituzione dovrei essere snob, intellettualoide, miope (non so perché ci immaginate così, o forse sì temo).

Ecco, per combattere contro gli stereotipi e perché di natura mi piace andare contromano, da anni cerco di rivalutare Maria De Filippi. Mi ha sempre fatto simpatia, per quella naturale mancanza di empatia, quella rigidità professorale, quella freddezza naturale. In un’Italia di piacioni, una professionista vera che pensa solo a lavorare e non a far la paracula non puoi non apprezzarla.

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Ma ho sempre avuto un problema: i suoi programmi mi andavano tutti di traverso.

AMICI 15 SERALE

Ho provato con Uomini e Donne, in tutte le salse anagrafiche e di genere. Niente da fare: ho finito solo per sviluppare un’insana passione per l’umorismo surreale di Tina Cipollari. Allora ho deciso, un giorno, di non uscire il sabato sera e sorbirmi C’è posta per te. Invecchiando sono diventando sdolcinato e incline al melodramma, doti acuite dalla mia metà partenopea. Ci ho provato tanto, ma neanche in questo caso sono riuscito ad appassionarmi. Sì, certo, ammiravo come Maria riuscisse a parlare civilmente con tizi che io avrei condannato a Norimberga, ma al di là della stima professionale e umana per cotanto equilibrio, non andavo. La busta, per me, rimaneva chiusa. Nelle incursioni in Rai, da Sanremo a Rischiatutto, l’ho trovata persino più sciolta, ma anche qui, non sentivo nulla. Striscia La Notizia non ne parliamo: non è roba sua e trovo il contenitore di infotainmenti di Ricci ormai superato e irritante. Forse, ma lontanamente, mi si è svegliato dentro qualcosina in Pequenos Gigantes. Le sue spregiudicate produzioni le ho apprezzate per la loro capacità di intercettare il peggio di noi – vedi Temptation Island – e forse anche perché trovavo Tara bellissima, chissà.

Amici 15
@defilippi_m

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Ma quest’amore non sbocciava. Fino a mercoledì 18 maggio. Cercavo la finale di Europa League e ho trovato i quarti di finale. Ma di Amici 15. Il colossale Sergio contro l’esile Ale. E senza neanche accorgermene, vostro onore, sono stato risucchiato dalla competizione, dal format, dai giudici. E dai concorrenti.

Amici 15 mi è piaciuto. E tanto. Senza pudore ho iniziato a twittare, perché l’ultimo finalista si sceglieva tra i ballerini Gabriele e Ale. Quando tutti gli insegnanti di danza, il coraggioso Kledi in testa, sancivano la rimonta del primo sul secondo, mentre la Berté gli asciugava il corpo con l’asciugamano (giuro, a raccontarla così sembra trash, ma non lo è, sembrava più Maria Maddalena che dava sollievo a un Cristo moderno e glabro), io mi indignavo che in una gara di ballo il loro voto non valesse doppio. Che il mio preferito, Gabriele, meno coreografico e sfacciato dell’avversario, ma con tanto talento e volontà, rischiasse l’eliminazione contro l’agile ma fumoso Ale. Non sapevo neanche chi fossero fino al pomeriggio, eppure mi lamentavo nel mio salotto della solita assenza di meritocrazia italiana, ostaggio di giurati assortiti per lo show (prof mischiati a ospiti di puntata o solo del serale, se ho capito bene) ma che rischiavano di viziare il giudizio.

Sì, vostro onore, è solo un talent. E sì, forse gli occhi di Elodie mi hanno aiutato a rimanere su Canale 5. Ma la verità è che ho capito che in Amici 15 c’è quello in cui ammiro in Maria De Filippi, più l’emozione. I giudici come i capisquadra (che bella la paura e l’emozione di Emma ed Elisa) sono più o meno competenti e quando non lo sono, si appassionano. I ragazzi hanno talento, l’Accademia per quanto inevitabilmente viziata dai meccanismi televisivi, ci offre un’etica del sacrificio, del lavoro, della ricerca del miglioramento. E un rispetto dell’arte, perché se in prima serata fai una coreografia su Morte a Venezia, francamente offri qualcosa in più, culturalmente, anche rispetto al servizio pubblico. Lei, Maria, da preside di una scuola, si trova nel suo. Il suo piglio organizzativo, la sua centralità discreta, la capacità di non perdere tempo e ritmo se non in momenti studiati, il sapere dare poco spazio, ma interessante, a tutti (ieri Ferilli operatrice del call center 90.60.90 e Virginia Raffaele-Jessica Rabbit ottime), ne fanno una conduttrice perfetta. La mancanza di empatia, come per miracolo, qui diventa imparzialità, ma non fredda distanza (si capisce che sa tutto di quei ragazzi e che li vorrebbe tutto in finale).

Sì, per me Amici 15 è un pollice su. E’ pop, è meritocratico (ma non così tanto da non sembrare italiano), è ben costruito, scritto, cadenzato. Ha un bel cast di concorrenti e giudici, si riesce a portare a casa un programma monstre (quasi 4 ore) senza mai perdere lo spettatore, neanche quando una sfida produce tante performance che normalmente farebbero scappare il pubblico più distratto. E qui c’è anche la confezione di uno show che come i programmi Rai di un tempo, ha nelle scenografie, nelle luci, in uno studio ricco ma non eccessivo le colonne portanti, perché la qualità è elemento essenziale del lavoro. Di chi è in studio e di chi è fuori. Così tanto che i superospiti alla Kevin Spacey, per dire, quando arrivano ti sembrano pleonastici.

Sì vostro onore, Amici 15 mi è piaciuto. Pure tanto. Ora condannatemi pure, non ho paura. E forza Gabriele Esposito.

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